Coronavirus

Il vescovo a medici e infermieri: "Benedite voi i malati moribondi"

Il presule della diocesi orobica: "L'ultima carezza di conforto"

Il vescovo a medici e infermieri: "Benedite voi i malati moribondi"

Bergamo sta attraversando il momento più triste della sua storia. Il corteo dei camion militari carichi di bare è una scena che buca gli occhi e graffia l'anima. Centinaia di morti. Una strage. E un colpevole. Il coronavirus.

Qui pure i preti pagano un prezzo elevatissimo, sacrificando con la vita lo splendore del proprio apostolato: stare a fianco dei malati, anche se questa vicinanza può rivelarsi letale. In due settimane se ne sono andati 15 sacerdoti, 20 sono contagiati. Tutti gli altri continuano a svolgere la loro missione. Un esercito di fede guidato da monsignor Francesco Beschi, 69 anni, vescovo della diocesi dal 2009. Pochi giorni fa ha ricevuto la telefonata di un suo omonimo: Francesco. Il Papa.

Monsignor Beschi, cosa le ha detto il Pontefice?

«È rimasto molto colpito dalla sofferenza per i moltissimi defunti e per il distacco che le famiglie sono costrette a vivere in modo così doloroso».

Il Santo Padre le ha fatto una richiesta particolare?

«In modo particolare mi ha chiesto di far giungere la sua vicinanza ai malati e a tutti coloro che in diverso modo stanno prodigandosi in modo eroico per il bene degli altri».

Francesco ha fatto un appello ai preti: «Non comportatevi come don Abbondio». Su questo fronte, i sacerdoti di Bergamo stanno offrendo una prova di coraggio senza uguali.

«Il Papa ha espresso un sentimento di profondo compiacimento verso i nostri sacerdoti, colpito dal numero dei morti e dei ricoverati, ma anche impressionato in positivo dalla fantasia pastorale con cui è stata inventata ogni forma possibile di vicinanza alle famiglie, segno della vicinanza stessa di Dio».

La telefonata si è chiusa con una promessa?

«Quella di portarci nel suo cuore e nelle sue preghiere quotidiane».

Come comunica con i suoi religiosi in prima linea?

«Siamo in tanti, più di 700, e quindi i canali sono diversi, ma ci tengo ad arrivare a tutti».

Tra gli aspetti più drammatici di chi muore per il coronavirus c'è l'impossibilità di ricevere un'ultima carezza dai propri cari. È una situazione straziante sia per chi se ne va, sia per chi resta. Lei non si è mostrato indifferente a questo tema.

«Ho invitato i figli e i nipoti a benedire i loro anziani e ho chiesto, con delicatezza e con molto rispetto, che fossero anche gli infermieri e i medici a donare la benedizione del Signore ai malati negli ospedali, dove sono isolati, dove non arrivano parenti e sacerdoti e gli anziani rischiano di morire senza un'ultima carezza di conforto».

Lei ha avuto parenti che non sono riusciti a sconfiggere il male?

«Quei 15 sacerdoti morti e i tanti contagiati, sono miei figli, fratelli e padri».

Le pesa non poter celebrare messa a contatto diretto con i fedeli?

«Quando si celebra da soli, non vuole dire che non ci sono i fedeli. Celebro comunque con loro e per loro».

Scelga una sola parola per racchiudere la speranza per il futuro?

«Generatività: è un concetto che stiamo riproponendo spesso ultimamente».

Cosa significa?

«Passare dalla produzione di cose e eventi alla generazione di legami e contenuti».

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