Vicepremier in lite sui soldi. E Giorgetti spaventa la Lega

Scontro Salvini-Di Maio sulle coperture per la tassa piatta Il sottosegretario teme il solito teatrino e stronca i minibot

Vicepremier in lite sui soldi. E Giorgetti spaventa la Lega

A sera, un'uscita a sorpresa del leghista Giancarlo Giorgetti contro il suo stesso partito apre una nuova spaccatura nella maggioranza. Stavolta tutta interna al Carroccio.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con un improvviso dietrofront rispetto alle sue stesse posizioni, ha scomunicato gli immaginifici minibot lanciati dal presidente della Commissione Bilancio, nonché suo compagno di partito Claudio Borghi: «Ma vi sembrano verosimili i minibot? Se si potessero fare li farebbero tutti». E assesta anche un calcio nei denti alla «mente» economica della Lega, ascoltato mentore del leader, che li ha partoriti: «C'è ancora chi crede a Borghi?», chiede sprezzante.

A sorprendere è il fatto che solo quindici giorni fa lo stesso Giorgetti aveva definito i minibot «una possibile soluzione per accelerare i pagamenti della Pubblica amministrazione». E lo aveva fatto all'unisono con Salvini («Parleremo con Tria dei minibot al suo rientro in Italia, gli chiederemo se ha idee più brillanti per pagare i debiti della Pa»), e sfidando il presidente della Bce Mario Draghi.

«Parla già da membro della commissione Ue», insinua maligno un collega di Carroccio. Borghi replica acido «poverino, non credo ai virgolettati di agenzia». E I 5s si dicono sorpresi. Ma è noto come Giorgetti sia, nella Lega, il capofila di quella nutrita pattuglia di dirigenti che premono sempre più insistentemente con Salvini perché interrompa la relazione «contronatura» con i Cinque Stelle e corra da solo per Palazzo Chigi con il centrodestra. Se ieri il sottosegretario è sbottato così contro un compagno di partito, e contro una proposta avallata dallo stesso vicepremier leghista, vuol probabilmente dire che Giorgetti ha capito che Salvini abbaia ma non morde, e non ha intenzione di mollare i grillini. È quel che spera anche Conte, alle prese con una trattativa con la Ue che lui stesso definisce «estremamente difficile», e che le continue impennate della sua maggioranza non semplificano certo. Del resto ieri sera, da sotto l'ombrellone di Milano Marittima, il leader del Carroccio, tra un attacco alla Ue e una richiesta di flat tax, ha anche mandato a dire che il premier «sta lavorando bene», e che il governo «durerà quattro anni». Facendo evidentemente saltare i nervi a Giorgetti. E in fondo anche la perpetua zuffa tra i due vicepremier, con i plateali scontri tra Salvini e Di Maio, somiglia sempre più ad un minuetto complice: i toni duri e le minacce del leghista sono utili al grillino, sempre più isolato e in difficoltà nel suo partito, per tener buoni i suoi terrorizzandoli con l'idea di un voto anticipato. La resa dei conti è prevista per mercoledì. Di qui ad allora capiremo se Salvini vuol davvero far saltare tutto, o se, come al solito, sta solo facendo propaganda, dicono dalle parti di Palazzo Chigi. Mercoledì il Consiglio dei ministri dovrà dire sì o no a quell'assestamento di bilancio che dovrebbe servire a correggere i nostri conti impazziti, per tentare di scongiurare la procedura d'infrazione.

Il leader leghista, in costume da bagno, continua ad alzare la posta: l'Italia, secondo lui, deve smettere di «dare sangue» all'Unione Europea, anticipare la manovra e fare subito (a debito) la flat tax: «Servono almeno 15 miliardi, che sono già stati trovati».

Non dice però dove e da chi, e il suo collega Gigino Di Maio ne approfitta subito per sfidarlo a rivelare «dove stanno queste coperture», visto che al momento non si trovano neppure i soldi per evitare l'aumento dell'Iva. Se sia solo un gioco delle parti, come pare sospettare Giorgetti, lo si capirà presto.

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