È vittima del fanatismo: lo considerano un nemico solo perché critica l'islam

Allam è un giornalista coraggioso che racconta fedelmente la realtà e non vuole piegarsi alle minacce di chi usa il Corano per fini politici

Q uando Magdi Allam stava ancora a Repubblica un suo servizio del 6 giugno 2003 mi fece sentire che non ero sola a spiegare come erano fatti i terroristi dal mio punto di osservazione, la «seconda Intifada» e lo spiegava da Roma: era il racconto nudo e onesto di un discorso tenuto nella Grande Moschea dall'Imam. Magdi con coraggio e fedeltà riportava quello che aveva sentito: «annientare i nemici dell'Islam» «distruggeremo...» ... Uccidere, fare a pezzi... La violenza verbale, la condanna totale dell'Occidente, uno stupefacente uso dei testi sacri per giustificare l'odio teologico furono testimoniate da Magdi in Italia per la prima volta. Allam non si volle piegare a questa sorpresa, benché già allora l'Italia e l'Europa aborrissero il collegamento terrore-Islam e rifiutassero di considerarlo come legittimo oggetto di dibattito. Molti di quelli che l'hanno fatto per onestà intellettuale e per dovere di cronaca come la sottoscritta, hanno dovuto chiedere aiuto alle forze dell'ordine. Il sistema della minaccia di morte, da Magdi, al Charlie Hebdo, all'assassinio di Theo Van Gogh, alla persecuzione di Hirsi Ali, all'esilio volontario di personaggi come Malala o della scrittrice iraniana Asar Nafisi sono diventate un comma del nostro tempo, un episodio legato solo a gruppi di matti benché investa tutte le latitudini. Gli attacchi di New York, di Madrid, di Londra, di Burgas, di Tolosa, sono invece cornice organica dell'insorgere mondiale di un lacerante urlo di battaglia dell'Islam estremo che in nome dei sacri testi compie atroci omicidi contro cristiani, ebrei, musulmani. Da anni accade, la novità consiste nella diffusione del terrore tramite una cascata di video destinati a terrorizzarci. Con successo.

Le accuse a Magdi di islamofobia proibiscono di considerare l'Islam come la matrice di violenza, e gli attribuiscono un pregiudizio. Ma fu Magdi a organizzare un gruppo di musulmani moderati nel 2004. Semplicemente quello che si è proposto è stato portare a conoscenza del mondo ciò che lui sapeva per la sua esperienza prima di musulmano e poi di cristiano perseguitato, per la conoscenza della lingua e della cultura araba. Tutte le religioni, alle loro origini hanno elementi di aggressività verso popoli diversi, verso le donne. Ma la dottrina di 3000 anni fa si è modificata pagando lacrime e sangue nei secoli, fino a che lo Stato e la Chiesa, o la Sinagoga, si sono separati. Nel caso dell'Islam invece ci sono stati vari tentativi di distacco dalla Shaaria, dal dettato letterale del Corano come legge dello Stato, dall'apprendimento a memoria del Corano senza discussione. Ma il rapporto con la civiltà occidentale del mondo arabo e di quello iraniano, ha spinto di nuovo le élite e le masse nelle braccia delle interpretazioni più antiche. I grandi tradizionalisti, Al Wahaab, Al Madudi, Said Qutb, segnarono la strada più aderente alla visione del mondo del VII secolo. Come fa notare dal Libano padre Samir Khalil Samir «è mancata un'educazione alla critica costruttiva», il Corano e Mohammed non si possono mai discutere. Ed essere un «apostata», come dicono di Magdi che si è fatto cristiano, equivale alla condanna a morte: «Chiunque apostati l'Islam uccidetelo» dice il hadith 84:57 della raccolta di Bukhari.

Quando si vedono le stragi che Isis e altri gruppi compiono in nome del Corano, essi ritengono di far giustizia degli «apostati», che siano sciiti, o sunniti nemici, o curdi, o cristiani ed ebrei. Così Hamas in mezzo alla strada e coi cappucci in testa ha ucciso 18 persone accusandole di essere spie di Israele, apostati ex musulmani; e «nemici di Allah» che si devono uccidere gli americani giustiziati. È scritto nel Corano, anche se certo c'è chi potrebbe considerare questi punti discutibili, o superati. Ma le radici coraniche delle attuali gesta terroristiche vengono rivendicate da Isis: è l'Islam politico nella sua versione più tesa, ma è politico anche l'uso della shaaria sancita da tutti i paesi Islamici come legge: c'è chi lo fa blandamente come l'Egitto, dove non si vede una lapidazione da tempo. Ma in Arabia Saudita, in Iran, in Sudan e in altri Paesi è tutt'altra cosa, la condanna a morte per conversione o adulterio, il taglio della mano, la persecuzione degli omosessuali è legge. La politica e la religione sono i protagonisti di un matrimonio che per l'Islam è ancora in auge, e che porta alla strage quando a usare la Shaaria sono i movimenti terroristi. La Carta di Hamas cita un hadith quando dichiara che «l'ultimo giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei e li uccideranno». È un testo in uso oggi, come è attuale l'Imam di San Donà di Piave che predica di uccidere tutti gli ebrei, o l'Imam Bilan Bosnic che spiega (frase ripetuta in migliaia di moschee) che tutti i musulmani fanno la loro guerra perché il mondo, compreso il Vaticano, sia conquistato dall'Islam.

Dai paesi europei partono i guerriglieri che vivono oggi come al tempo di Maometto, che si vedono come un'armata agli ordini del profeta stesso, in un mondo immutato dal VII secolo. Nel 1948 fu stilata la dichiarazione dei diritti umani; nel 1981 a Parigi, nell'83 a Dacca, nel '90 al Cairo il mondo islamico ha voluto invece stilare una sua carta.

Le donne valgono meno degli uomini, gli omosessuali sono puniti, il delitto d'onore è guardato con comprensione... E quando questi costumi immigrano da noi la comprensione si fa compiacenza, paura, si traveste da multiculturalismo tollerante, salvo a azzannare con doppio standard il diritto all'espressione di Magdi Allam.

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