Vittime del buonismo: le foto da non scordare che Saviano nasconde

Monologo tv dello scrittore: "Gli irregolari sono nemici della criminalità". Ma è falso

Vittime del buonismo: le foto da non scordare che Saviano nasconde

Che possiamo farci se ai soloni della sinistra piace salire in cattedra e se, dall'alto della loro irraggiungibile superiorità culturale, impartiscono lezioni di buonismo un tanto chilo? Nulla, hanno tutto il diritto di farlo. Ma dovrebbero avere almeno l'igiene intellettuale di non nascondere le verità scomode e di non prenderci in giro sciorinando tesi farlocche. Sarebbe troppo onesto e, quindi, al di sopra delle loro capacità. Così, il predicatore Roberto Saviano ha potuto tenere in tv il suo sermone, spiegando il «vangelo» agli italiani. E, come un sacerdote che si aspetta l'atto di fede dai credenti, si è lanciato in un monologo sui migranti. Senza contraddittorio naturalmente. Servirebbe troppo spazio per elencare tutte le fesserie che ha detto e ci limiteremo a quelle salienti. A parte sottolineare l'atteggiamento criminale del governo sulla vicenda Aquarius, Saviano ha sostenuto che i migranti non ci costano nulla, anzi, ci fanno risparmiare. Secondo lui è la Ue che finanzia tutto, «800 milioni in sei anni». Briciole, visto che ne tiriamo fuori quasi 5 miliardi ogni anno. Eh no, sogghigna il predicatore, che ha parlato per 15 minuti filati fra ammiccamenti e sorrisini di sufficienza, quei 5 miliardi sono un «regalo». «Non credete alle bugie», proclama, Bruxelles ci permette di «sforare il bilancio» senza conseguenze per il patto di stabilità. Balle, perché rispettare il patto di stabilità non significa non aprire il portafoglio. Ma Saviano glissa. La chicca migliore però la riserva a chi entra illegalmente in Italia, che non crea problemi, anzi. «Da loro riceviamo enormi energie e hanno sete di diritti... Ripopolano il Paese... fanno lavori che gli italiani non fanno... vogliono difendere diritti che gli italiani non difendono... sono loro che sfidano la criminalità organizzata...». Diritti da difendere? Lo dica agli italiani che ne hanno meno dei migranti. Lavoro? Lo dica ai milioni di giovani italiani disoccupati o ai milioni di precari sottopagati. La criminalità? Non serve commentare, basta guardare le foto in questa pagina per capire quanto siano rispettosi della legge e dei diritti altrui. Certo, non bisogna generalizzare. Ma la maggior parte di coloro che entrano clandestinamente in un Paese che fanno se non trovano soldi, donne o casa?

Ammazzato senza motivo

Era il marzo del 2015 quando Aassoul Amine, 29 anni, marocchino, clandestino, prese un coltello e, ubriaco, lo affondò nel collo di David Raggi, 27 anni. Lo fece senza un motivo, se mai può esserci una motivazione dietro un simile delitto, senza una logica. Già condannato per diversi reati, doveva essere rimpatriato da tempo, aspettava i risultati del ricorso contro la sentenza che gli aveva negato il diritto di asilo. Quando esce dal tribunale che lo condanna a 30 anni mostra il dito medio agli amici della vittima.

Drogata, violentata e fatta a pezzi

L'ha stuprata e uccisa in un appartamento di Macerata. Colpita violentemente alla testa, stordita dall'eroina e «reiteratamente» accoltellata del fegato. Poi l'ha fatta a pezzi e infilata in due trolley. Pamela Mastropietro, la 18enne romana, è morta così. Innocent Oseghale, nigeriano, spacciatore mai espulso, deve rispondere di omicidio, violenza sessuale, vilipendio, distruzione soppressione o sottrazione di cadavere e occultamento. Ma in pochi credono che non abbia avuto complici.

Camminavano per strada: sono stati finiti a picconate

É l'alba dell'11 maggio 2013, quando Adam «Mada» Kabobo, 34 anni, ghanese clandestino, uccide nel quartiere Niguarda di Milano tre persone per strada a picconate. Sotto i suoi colpi muoiono tre persone innocenti, colpevoli solo di trovarsi sulla sua strada: Ermanno Masini, 64 anni, Daniele Carella, 21 anni e Alessandro Carolè di 40. Nella motivazione della condanna a 20 anni Kabobo viene considerato un «uomo lucido, che agì per rancore»: il suo era «un progetto maturato nel tempo e determinato dalla rabbia».

La giovane studentessa strangolata in chiesa

Elena Lonati, 24 anni, esce di casa poco dopo le 11 di un mattino di agosto, di dodici anni fa, va nella chiesa di S. Maria, a Mompiano, Brescia, e sparisce nel nulla. In realtà non esce mai di lì. la ritrovano due giorni dopo, il cadavere, occultato dietro una scaletta. A ucciderla è stato il custode Wimal Chamila Ponnamperumage, immigrato cingalese: dice aver perso la testa dopo una discussione e di averla strangolata, ma nessuno gli crede. L'assassino è stato condannato a 18 anni e 4 mesi, ma oggi è in semilibertà.

Ucciso con un cacciavite perché sentiva la musica

La sua colpa è stata quella di ascoltare la musica. Carlo Macro, romano, 33 anni, è morto una notte di quattro anni fa, al Gianicolo, ucciso da Joseph White Klifford un indiano di 57 anni, senza fissa dimora, uscito dalla propria roulotte perché disturbato dalla musica troppo alta che arrivava dall'auto del ragazzo. Gli ha piantato un cacciavite di 20 centimetri nel petto, ed è tornato a dormire. É stato condannato a 14 anni di reclusione ma per la famiglia «non è stata fatta giustizia e sulle strade non è tornata la sicurezza».

La terapista neo laureata massacrata a coltellate

Nadia Pulvirenti aveva 25 anni, si era laureata da pochi mesi, aveva fatto una breve esperienza a Trento, ma a Cascina Clarabella, la struttura che ospita pazienti con fragilità psichiche l'avevano presa subito perchè entusiasta della vita e del lavoro. Abderrhaim El Moukhtari, 53 anni, marocchino, la accoltella all'improvviso, senza motivo, con dieci fendenti tra gambe e addome. Non farà nemmeno un giorno di carcere, assolto perchè incapace di intendere e di volere. Sul web sono centinaia i commenti di rabbia e di protesta.

Il medico amato da tutti trucidato a calci e pugni

Era sempre sorridente e in paese, a Mentana, gli volevano bene tutti. Lucio Giacomoni, 71 anni, medico, viene ammazzato di botte la sera del 23 gennaio del 2015. I suoi aguzzini staccano la corrente elettrica per costringerlo a uscire di casa.

Una volta al buio, lo aggrediscono a calci e pugni per rubargli poco meno di duemila euro. Lo chiudono a chiave in bagno per evitare che chiami i soccorsi e fuggono con la sua macchina. Condannati due rumeni Ovidio Bicu, a 30 anni, e Ionel Mihai Alexandru, 25.

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