Quarantasette a 34, San Giovanni non ha fatto inganni. La tristezza di Vittoria, principessa ereditaria di Svezia, duchessa di Västergötland e questo 24 giugno rimarrà nella storia del Paese come l'ultimo giorno dell'aspra battaglia per la candidatura e il primo dell'altrettanto ardua sfida all'organizzazione dell'Olimpiade d'inverno 2026. Perché ora per la vincente griffe Milano-Cortina ci sarà poco da festeggiare e molto da fare, se la fin troppo facile etichetta di Giochi del lombardo-veneto andrà trasformata in un marchio di successo paragonabile all'Expo 2015. Non c'è niente da fare, sarà quella l'asticella da superare per mantenere la promessa fatta agli 82 delegati del Cio riuniti a Losanna e soprattutto ai 60 milioni di italiani che proprio ieri hanno riscoperto che il loro disgraziato Paese sa anche avere una politica estera. Quella che ultimamente troppo di rado si vede portare a casa qualche vittoria quando viene ammessa a sedere al tavolo delle grandi potenze mondiali a trattare di geopolitica. E pazienza se questa volta solo di sport si tratta, perché c'è da sperare che il modello del grande ingegno tutto italico, dell'armonia tra le opposte fazioni e istituzioni e le capacità seduttive da sempre riconosciute alla nostra schiatta, possano essere prese ad esempio.
In tutto questo non va ovviamente dimenticato il ruolo di Giuseppe Sala. Perché se alla fine a guidare il pacchetto di mischia della delegazione azzurra è arrivato un altro san Giovanni, il presidente del Coni Malagò, ad appiccicarsi il marchio del vincente dopo i trionfi dell'Expo e della corsa al Comune di Milano, è senza dubbio il sindaco di Milano. Di cui si parla da tempo come di un possibile candidato premier del centrosinistra, magari contro un altro milanese come Matteo Salvini. E ora c'è da capire se la vittoria olimpica sarà per lui un ostacolo alle ambizioni romane o piuttosto il trampolino ideale per il grande salto oggi che di lui si parla come di un uomo che non sbaglia un colpo.
Si vedrà. Di certo a uscire sicuramente sconfitti, anzi forse mezzo ammazzati nel giorno di questa grande vittoria, sono i «grullini» a 5Stelle che, prigionieri del loro falso mito della «decrescita felice» e della violenza della bande No Tav, avevano ancora una volta messo i bastoni tra gli ingranaggi di chi alle chiacchiere demagogiche ha preferito il duro lavoro. Chissà cosa penseranno oggi i torinesi del sindaco pentastellato Chiara Appendino nel vedere che in tutto il mondo insieme a Milano andranno le immagini delle montagne di Cortina invece del Piemonte. Perché i Giochi non porteranno sui territori cemento e distruzione, come vorrebbe far credere qualcuno, ma bellezza, posti di lavoro e punti di Pil. E fa un po' sorridere il consigliere regionale 5Stelle della Regione Lombardia Dario Violi che ieri ha festeggiato in piazza Gae Aulenti a Milano parlando di una «vittoria di chi ha voluto credere nelle nostre montagne e nei territori spesso dimenticati».
Mah. Il mondo è bello perché è vario. E se a salvarlo (magari proprio dai grillini) dovrà essere la bellezza, c'è da dire che il filmato di presentazione ne mostrava talmente tanta tra arte, architettura, storia, natura, design e tecnologia che i membri del Cio potrebbero essere stati colpiti da sindrome di Stendhal. O magari qualcuna delle loro mogli, ben più attirata da una serie di gite in Italia che dal gelo di Stoccolma.
Talmente fredda da non riuscire a convincere nemmeno i suoi cittadini, perlopiù contrari a ospitare aitanti atleti ed esuberanti tifosi, cosa che invece piace molto all'87 per cento degli italiani. Un Paese unito sulla candidatura lombardo-veneta nata, non bisogna dimenticarlo, dalle ceneri di quella per Roma 2024. Forse anche questo un segnale di dove va il mondo.
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