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Le voci dei dispersi: "Venite a salvarci". Il miracolo dei bimbi vivi sotto le macerie

Come previsto, il bilancio del terremoto che ha devastato Turchia e Siria si fa di ora in ora sempre più drammatico

Le voci dei dispersi: "Venite a salvarci". Il miracolo dei bimbi vivi sotto le macerie

Come previsto, il bilancio del terremoto che ha devastato Turchia e Siria si fa di ora in ora sempre più drammatico. Più di 5mila le vittime in Turchia, oltre 7mila i morti in totale anche se i numeri sono parziali, approssimati per difetto, ed è complicatissimo avere cifre precise, specie in quelle zone della Siria più isolate. Al punto che secondo l'organizzazione mondiale per la sanità il numero delle vittime potrebbe salire a oltre 20mila. E le persone colpite direttamente o indirettamente dal sisma potrebbero essere 23 milioni.

Eppure, dall'ecatombe turco-siriana, arrivano storie che strappano il cuore e anche nella tragedia riescono a regalare un briciolo di speranza. A Jandairis, in Siria, una donna intrappolata sotto le macerie di un edificio crollato ha, partorito sua figlia e l'ha protetta con il proprio corpo prima di morire. La bimba è stata invece miracolosamente salvata. I soccorritori hanno trovato i corpi del padre, della madre, delle sue tre sorelle, di suo fratello e di sua zia. «Poi abbiamo sentito un vagito e sotto una coperta di detriti è stata trovata questa piccolina, grazie a Dio», ha raccontato uno dei soccorritori. Ricoverata in ospedale ad Afrin, è stata messa in incubatrice ma sta bene. Non lo sa, ma è diventata il simbolo di speranza di un intero Paese in ginocchio.

Anche dalla Turchia arrivano storie che fanno gridare al miracolo. Come quella della madre e le sue due figlie che sono state estratte vive dalle macerie dopo circa 33 ore di agonia ad Hatay, nel Sud-Est del Paese. Commuovono le immagini delle due sorelline siriane estratte vive, dopo che i soccorritori hanno scavato a mani nude a Idlib. Nelle 17 ore che hanno passato incastrate tra i detriti del palazzo crollato, la più grande delle due, non più di sei anni, ha fatto da scudo con il suo corpo alla sorellina. Entrambe sono provate ma stanno bene. Ad Aleppo, ormai ridotta a città fantasma, un neonato è stato estratto vivo dalle macerie. Il video dei soccorritori che lo portano in braccio ha fatto il giro del web. Il piccolo sarebbe l'unico superstite della sua famiglia. Sta bene, come un altro bimbo di 4 anni, estratto vivo sempre ad Aleppo. Il suo viso impolverato e spaventato mentre viene portato in salvo ha commosso il mondo.

Sono tante le storie di solidarietà e coraggio. Di volontari che lavorano da ore senza sosta alla difficile ricerca di superstiti. Sarebbero centinaia ancora intrappolati tra i resti di ciò che rimane. In tanti urlano da sotto le macerie e cercano di farsi geolocalizzare mandando messaggi dai cellulari. Ma più passa il tempo, più le speranze si riducono. Anche perché si lavora in condizioni difficilissime, con il gelo e la neve in Siria che complicano di molto le operazioni. Specie in città come Aleppo, martoriate da anni di guerra. «I bisogni sono enormi, è una catastrofe e serve tutto», dicono dall'associazione Terre del Hommes presente sul posto. Il rischio adesso è quello di epidemie, in particolare di colera. Con l'Occidente che sarà chiamato a gestire in qualche modo il dramma di milioni di profughi rimasti senza casa. Tragedia in Turchia e ancor più in Siria, dove i soccorsi europei inviati attraverso il meccanismo di Protezione Civile Ue si scontrano con i paletti messi dal regime di Damasco. Difficile anche il lavoro dell'Onu, a causa dei danni provocati alle strade dal terremoto.

Per la prima volta nella storia però, una squadra di 15 militari libanesi è entrata in Siria per prestare soccorso. Oltre 1.400 sono i soccorritori provenienti da più di 20 Paesi alleati e partner della Nato. Aiuti che sono arrivati subito anche dal nostro Paese. Ieri è sbarcato ad Adana, in Turchia, il primo contingente di vigili del fuoco italiani. «Stiamo predisponendo l'invio di altre unità e beni essenziali, compreso il necessario per attrezzare un importante ospedale da campo», ha detto il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci.

Nel dramma e nell'attesa di aiuti, c'è anche spazio per le polemiche.

«Ma è uno Stato questo? Non c'è nessuno ad aiutarci», dicono in molti, disperati, per le strade di Hatay dove nel mirino è finito il governo di Erdogan. Come risposta, la polizia turca, ha comunicato di aver già arrestato quattro persone per i post «provocatori» pubblicati sui social da persone che chiedevano aiuto e soccorsi. Questione di priorità.

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