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"Vorrei essere matura ma...". E la kompagna versa l'odio su Morisi

Resa dei conti tra la ragazza che espose un cartello contro Salvini e l'ex resposnabile dei social leghisti. Ma nell'attacco della "rossa" c'è una retorica che avrebbe potuto risparmiarsi...

"Vorrei essere matura ma...". E la kompagna versa l'odio su Morisi

Il caso Morisi sta dando fiato ad una sorta di vendetta anti-Lega, forse repressa nel tempo. L'occasione è ghiotta per darsi al regolamento di conti ignorando del tutto il lato umano e soprattutto privato della vicenda che riguarda l'ex responsabile dei social del Carroccio. Partiamo a monte: le accuse contro Morisi. Sappiamo poco e quello che è emerso ha i contorni piuttosto precisi. Morisi è indagato per cessione di stupefacenti. Ma sono le parole del procuratore della Repubblica di Verona a definire ancora meglio il quadro dell'inchiesta: il contatto tra lo stesso Morisi e i ragazzi che hanno fatto il suo nome agli inquirenti è stato bollato come "abbastanza occasionale". Inoltre sempre il procuratore ha specificato che non "risulta alcuna pregressa attività di spaccio, nè Morisi è mai stato indicato come ipotetico spacciatore".

Quanto accaduto, come sottolineato da Salvini e da chi in queste ore non si è dedicato allo sciacallaggio sistemico rientra nella sfera della vita privata di Morisi che ha pubblicamente chiesto scusa per la sua debolezza lasciando anche il suo incarico nel Carroccio. Ma ripetiamo: l'occasione è ghiotta per chi non digerisce la Lega e soprattutto Salvini. Così dopo la stampa di sinistra, i grillini e qualche kompagno, a sferrare l'ultimo attacco a Morisi è stata Giulia Viola Pacilli, una ragazza che mise in scena un duello con Salvini dopo aver esposto nel marzo del 2019 un cartello con scritto "Meglio buonista e puttana che fascista e salviniana".

Parole forti che finirono con tanto di foto sulla pagina fb del leader del Carroccio. Lo scatto venne accompagnato da una didascalia neanche troppo offensiva, visto il tenore delle frasi sul cartello esposto dalla ragazza: "Che gentil signora...", commentò Salvini. Adesso sul Domani, la Pacilli dice la sua sul caso Morisi e nel farlo usa una tecnica ben precisa: fa la predica sulla maturità, per poi colpire ugualmente l'obiettivo: Morisi. "Grazie a Luca Morisi ho trascorso mesi a ricevere a qualsiasi ora messaggi del calibro: 'Solo un negro assatanato può scoparti', 'Spero che ti decapitano lurido cesso di merda' (so che il congiuntivo è sbagliato, ma tocca riportare fedelmente), 'Questa ragazza è la classica troia, puttana, zoccola che deve morire di cancro!', 'Ti metto un palo in figa!', 'So dove abiti, prega per te'. Centinaia di messaggi così, tutti i giorni, tutto il giorno. Mi venivano gli attacchi di panico se un tizio in metro mi guardava storto per più di due secondi. Chiamavo i miei amici in lacrime perché avevo paura di tornare a casa da sola", scrive la Pacilli in una lunga premessa. Poi arriva una finta sterzata, la morale, appunto sulla maturità, su chi non vuole applicare la legge del taglione.

Ecco cosa ha scritto: "Quegli stessi amici mi hanno chiamata per chiedermi cosa ne penso di tutta questa faccenda su Morisi. E io vorrei essere più matura, vorrei dire loro di aspettare, di non fare il suo stesso gioco, di non mettere in giro ipotetiche fake news, di stare attenti quando si parla della vita privata di un individuo. Vorrei essere così matura". Pare che ci sia una sorta di freno alla sete di vendetta. Ma non è così. La chiusura del suo intervento lascia spazio ai colpi su Morisi: "Io ho fatto il classico e mi è stato insegnato che chi pecca di hybris, chi da essere umano pensa di avere il potere di giocare con la vita delle persone, il più delle volte fa una brutta fine. Non viene risparmiato Agamennone, figuriamoci Morisi. Per cui no, ai miei amici non dirò che mi dispiace per lui. Dirò che chi di social ferisce, di social perisce".

Insomma il messaggio è chiaro: abbiamo regolato i conti. Le due vicende però sono del tutto diverse. Il cartello con cui finì sulla pagina Facebook di Salvini era stato esposto ad una manifestazione pubblica a Macerata. Un evento in cui è lecito attendersi foto da parte di cronisti e non. Nel momento in cui si decide di esporre un cartello in pubblico probabilmente bisognerbbe accettarne le conseguenze: la replica da parte di chi è bersaglio dello slogan. La vicenda di Morisi invece è del tutto privata. Nulla ha a che vedere con la politica e con la dimensione pubblica. Due cose distinte e separate. La Pacilli era consapevole di esporsi in pubblico, Morisi invece, qualunque cosa abbia fatto, l'ha fatta nella sua vita privata su cui nessuno ha il diritto di esprimere giudizi. La resa dei conti può anche starci, ma almeno si abbia la correttezza di andare subito al punto risparmiandoci la retorica di chi colpisce affermando che avrebbe voluto evitarlo..

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