Politica

Un voto per chiudere 30 anni di guerra

Corsa alla riforma per cancellare lo strapotere delle correnti in toga

Un voto per chiudere 30 anni di guerra

Le prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio superiore della magistratura «come la pace di Vestfalia», il trattato che nel 1648 mise fine alla Guerra dei Trent'anni. È questo il paragone impegnativo che nel suo libro Matteo Renzi sfodera per sottolineare l'importanza che la scelta del nuovo Csm può rivestire per portare la giustizia italiana fuori dallo Stato che ne fa per l'ex premier «una giustizia di cui non ci si può fidare». Le elezioni dell'organo di autogoverno, previste per il 2022, potrebbero «segnare una ricomposizione».

Renzi non entra nei dettagli dei meccanismi elettorali ma l'intero capitolo di Controcorrente dedicato al Sistema Giustizia racconta come gli siano ben chiari i guasti che il predominio delle correnti hanno arrecato alla credibilità dell'istituzione in toga. Ed è perfettamente consapevole che andare al rinnovo del Consiglio l'anno prossimo con le medesime regole avrebbe - con buona pace dei proclami di rinnovamento più o meno solenni - l'ovvia conseguenza di perpetuare le stesse patologie.

Finora, le correnti organizzate della magistratura (con l'eccezione della scheggia anomala di Articolo 101) hanno avanzato però solo ipotesi di modifiche ben lontane - come è per alcuni aspetti comprensibile, dal loro punto di vista - dal mettere in discussione lo strapotere delle correnti stesse. L'unica proposta in grado di scardinare i meccanismi delle cordate e persino della spartizione preventiva dei seggi tra le correnti, ovvero l'inserimento di elementi di sorteggio nella designazione dei candidati, è stata ripetutamente tacciata di incostituzionalità dai vertici dell'Anm, che ricordano come la Carta dica chiaramente che il Csm viene «eletto».

Per aggirare questo ostacolo si è ipotizzato, come nella proposta di legge Costa, di sorteggiare non gli eletti ma i candidati al Csm: la scelta resterebbe comunque al voto dei magistrati, ma su rose frutto non della scelta dei capicorrente ma del caso. Ma nelle ultime ore una apertura che potrebbe riaprire gli schemi è venuta direttamente dal ministro della Giustizia. Marta Cartabia recentemente aveva dato un segnale forte, affermando che non era sensato rinnovare il Csm con l'attuale sistema elettorale. Ma sabato scorso la Cartabia in una intervista al Corriere della sera va più in là e dopo avere ribadito che «un punto è assodato, l'organo di autogoverno non potrà essere rinnovato con queste regole» annuncia: «chiusa la riforma del processo penale mi concentrerò su quest'altro capitolo, valutando - questo è il passaggio chiave - anche cambiamenti che potrebbero venire da modifiche costituzionali».

Il lessico è cauto, ma sufficiente a fare suonare campanelli d'allarme nelle segreterie delle correnti.

Anche perché se si mettesse mano alla Costituzione, oltre che alle proposte di sorteggio si spianerebbe la strada a un consiglio separato tra giudici e pm.

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