
Donald Trump rivela per la prima volta che gli Stati Uniti sono in trattative con la Cina per un accordo sui dazi, ma allo stesso tempo gli Usa annunciano nuove tasse per le navi di fabbricazione cinese che attraccano nel Paese, rischiando di rivoluzionare le rotte di spedizione globale e far salire ancora una volta la tensione con Pechino.
«Stiamo parlando con la Cina, si sono rivolti a noi dopo i dazi al 145%. Avremo un accordo» che potrebbe essere raggiunto nelle prossime tre o quattro settimane, ha detto il presidente americano ribadendo di avere un buon rapporto con l'omologo del Dragone Xi Jinping.
Il direttore del Consiglio economico nazionale della Casa Bianca Kevin Hassett, tuttavia, si è ripetutamente rifiutato di chiarire a che punto sono i colloqui con il gigante asiatico e se i due leader si siano effettivamente parlati, trincerandosi dietro un «non ho nulla da aggiungere al momento». Intanto, Washington ha svelato il piano di imporre nuove tasse portuali alle navi cinesi, con l'obiettivo di rilanciare la cantieristica americana.
Secondo l'avviso pubblicato dal rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti (Ustr) le nuove imposte entreranno in vigore tra 180 giorni, saranno introdotte gradualmente e potrebbero essere aumentate nei prossimi anni: il governo applicherà tasse su tutte le navi costruite e di proprietà cinese che attraccano nei porti Usa (per ogni visita, non per ogni porto, e per un massimo di cinque volte all'anno per nave) in base al tonnellaggio netto o alle merci trasportate. L'ultimo annuncio, tuttavia, rappresenta una marcia indietro rispetto alle proposte avanzate a febbraio di imporre un importo fino a 1,5 milioni di dollari per scalo, che avevano scatenato una diffusa reazione negativa da parte del settore. «Navi e trasporti marittimi sono vitali per la sicurezza economica americana e per la libera circolazione degli scambi commerciali», ha spiegato il rappresentante commerciale statunitense Jamieson Greer. Immediata la risposta di Pechino, che si è definita «fortemente insoddisfatta e si oppone fermamente» alla mossa, promettendo di adottare tutte «le misure necessarie per difendere i suoi diritti e interessi legittimi».
Il portavoce del ministero degli Esteri Lin Jian ha esortato la parte americana «a rispettare le regole multilaterali, e a fermare immediatamente le pratiche illegali che sono dannose per tutti». Già nel 2024 l'allora presidente Joe Biden aveva incaricato l'Ustr di indagare sulle «pratiche sleali della Cina nei settori della cantieristica navale, del trasporto marittimo e della logistica»: l'inchiesta è stata portata avanti da Trump, che all'inizio di marzo ha anche annunciato la creazione di un Ufficio per la costruzione navale da affiancare alla Casa Bianca. Il Financial Times, nel frattempo, ha rivelato che le importazioni cinesi di gas naturale liquefatto (Gnl) dagli Stati Uniti sono completamente ferme da oltre 10 settimane.
«Da quando, il 6 febbraio, una nave cisterna da 69mila tonnellate di Gnl proveniente da Corpus Christi, in Texas, è arrivata nella provincia meridionale del Fujian, non ci sono state altre spedizioni tra i due Paesi», ha fatto sapere il quotidiano britannico sottolineando che il congelamento ripropone il blocco delle importazioni durato più di un anno durante il primo mandato presidenziale di Trump. Ma - ha osservato il Ft - l'impatto di questa situazione di stallo ha implicazioni potenzialmente di vasta portata, rafforzando le relazioni energetiche della Cina con la Russia e sollevando interrogativi sull'enorme espansione di terminali Gnl multimiliardari in corso negli Stati Uniti e in Messico.
«Ci saranno
conseguenze a lungo termine», ha dichiarato Anne-Sophie Corbeau, specialista di gas presso il Center on Global Energy Policy della Columbia University: «Non credo che gli importatori cinesi contratteranno mai nuovo Gnl americano».
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