Wilders, il leader anti islam che rischia di farcela

I sondaggi: vincerà lui. Un euroscettico che è cresciuto in un kibbutz e difende i diritti dei gay

Wilders, il leader anti islam che rischia di farcela

La sua ultima intervista a il Giornale di due anni fa s'apriva con una filippica contro Papa Francesco colpevole, a suo dire, di non essersi letto Oriana Fallaci prima di andar a pregare per gli immigrati morti a Lampedusa. Subito dopo il biondo Geert Wilders buttava lì una risposta che riletta oggi - mentre l'Europa chiede di espellere più migranti e poterne mettere alla porta almeno un milione - appare quanto mai profetica. «Non giudico il suo operato ci disse allora Wilders - ricordo solo che gli immigrati non vengono in Europa unicamente per cercare la libertà, ma anche per ragioni economiche. Accoglierli tutti è impossibile sia per un primo ministro, sia per un Papa». Che questo 53enne dalla chioma dorata, in prima fila nella lotta al multiculturalismo, all'immigrazione, all'Unione Europea e all'Islam fondamentalista ci veda lungo è indiscutibile. Non a caso il «biondo ossigenato più famoso dopo Marilyn Monroe» - come lo chiamano dalle sue parti - rappresenta la grande incognita del voto per il rinnovo del parlamento olandese di mercoledì. Se Wilders e il suo Partito della Libertà conquisteranno, come pronosticano molti sondaggi, dai 22 ai 28 seggi superando il «Partito popolare per la libertà e la democrazia» del premier Mark Rutte, l'Olanda risulterà di fatto ingovernabile. Il proporzionale puro imposto dal sistema elettorale olandese e l'indisponibilità dei partiti tradizionali ad allearsi con un Wilder considerato alla stregua di un'intoccabile paria renderebbe impossibile formare una coalizione. E il contraccolpo si farebbe sentire a Bruxelles.

L'Unione Europea - azzoppata dalla Brexit e terrorizzata dal possibile trionfo di Marine Le Pen alle presidenziali francesi di aprile, si ritroverebbe a far i conti con la vittoria di un altro euroscettico deciso a portare l'Olanda fuori dall'Unione. Un leader già finito in tribunale per aver definito «feccia» i marocchini che non si fa problemi ad annunciare di voler mettere fuori legge Corano e moschee. Un leader che i partiti di Olanda ed Europa fanno gara nel definire razzista, illiberale e nazista. Accuse, soprattutto l'ultima, che mal si adattano ad un politico che ha trascorso la gioventù nei kibbutz, e che è da sempre, in prima linea nella difesa dei diritti degli omosessuali.

Sul fronte del razzismo doveroso, invece, ricordare che fu Wilders a far eleggere deputata fra le fila del suo partito la somala Ayan Hirsi Ali, protagonista di Submission il cortometraggio-denuncia sulle violenze alle donne nella famiglia tradizionale islamica. Un film costato la vita al suo regista Theo Van Gogh, sgozzato nel novembre 2014 da un estremista islamico ad Amsterdam. Quell'omicidio, seguito dall'arresto di due fanatici islamisti pronti a far fuori Ayan Hirsi Ali e Wilders, ha cambiato anche la vita del leader della destra olandese costretto, da allora, a vivere in un alloggio segreto e a muoversi sotto scorta. Nonostante la forzata lontananza dalle piazze Wilders continua a catalizzare l'attenzione di quei ceti medi convinti che Euro ed Europa abbiano distrutto il loro potere d'acquisto e indebolito la sovranità nazionale.

«Se volete riconquistare il vostro paese, se volete ripete - che l'Olanda torni al suo popolo e sia di nuovo la vostra casa potete votare per un solo partito. Altrimenti votate per gli altri». Parole semplici, chiare che almeno un olandese su sei sembra pronto ad ascoltare.

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