Politica estera

"Lo Zar si rafforza con bugie e repressione"

La docente di storia e politica russa: "Il consenso c'è, ma la propaganda del Cremlino è decisiva"

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«Vladimir Putin gode di una forte legittimazione anche per i prossimi anni». Carolina De Stefano, docente di Storia e politica russa alla Luiss di Roma, autrice del libro «Storia del potere in Russia. Dagli zar a Putin», commenta così l'esito delle presidenziali a Mosca.

Da dove nasce il consenso per Putin?

«I russi pensano, in linea con la narrativa ufficiale, che questa sia una guerra che la Russia non voleva, ma che ha dovuto fare per difendersi dall'Occidente e perciò sostengono sia il conflitto sia Putin. Poi, c'è chi è andato a votare perché, rassegnato oppure no, vede Putin come l'unica alternativa».

Putin ha ben saldo il suo potere oppure la morte di Navanly dimostra che lo Zar ha paura?

«Questo è un momento in cui Putin è molto saldo, ma ciò non significa che non tema forme di opposizione. La repressione è stata capillare anche tra gli artisti. La morte di Navanly si spiega con le elezioni. Detto ciò, Putin è saldo perché ha portato dei buoni risultati economici di breve-medio termine e la Russia è cresciuta più di quando il Fondo Monetario Internazionale avesse previsto fino a qualche mese fa».

Le Presidenziali sono state delle elezioni farsa?

«Un supporto a Putin esiste. Sono stati farsa tutti i meccanismi messi in piedi dal Cremlino che mostrano come è stata costruita la campagna. C'è stata una preparazione vera per evitare sorprese e che la gente scendesse in piazza contro i brogli com'è successo in Bielorussia e prima ancora in Ucraina. Il sistema del Cremlino che è molto rodato già dal 2018 ha garantito che non ci fossero sorprese».

Le sanzioni non stanno funzionando?

«Ci sono molte incognite sul medio-lungo termine sulla capacità dei russi di creare un sistema autonomo. I russi stanno aprendo aziende e stanno comprando dai cinesi e dagli indiani. Non sono da soli. Sapevamo che nel breve termine le sanzioni non avrebbero funzionato anche perché l'economia di guerra avrebbe trainato il sistema tant'è vero che c'è un altissimo tasso di occupazione».

I russi appoggerebbero un allargamento del conflitto?

«In questa logica di guerra, sì. Se queste mosse vengono viste come una soluzione inevitabile. Non ci sarebbe un'opposizione che prende la forma di una mobilitazione anti-Putin anche se credo che non vedremo i russi attaccare un Paese Nato come la Finlandia. È più probabile che la Russia cercherà di aumentare la sua influenza nel Caucaso».

Il conflitto non ha ridotto il consenso di Putin e non c'è nessun un golpe in vista?

«La narrativa della guerra inevitabile ha una presa. I militari russi si sono riorganizzati al fronte e si sono mossi oltre la linea tra territori occupati e territori ucraini. Tutto ciò che riguarda gli intrighi di Palazzo è difficile da valutare da fuori».

Il consenso, per Putin, arriva sia dalle elites sia dal popolo?

«Credo che ci sia una parte dell'elite interna al Cremlino che non è molto filo-Putin, ma è nel loro interesse far sopravvivere questo sistema. Un sistema che si basa sulle amicizie di Putin in quanto si tratta di persone che hanno avuto la direzione di aziende statali e che non hanno un'alternativa che gli faccia mantenere gli stessi privilegi.

C'è anche una parte più ideologica, vicina a Putin, che aspettava questo conflitto e che pensa che l'Ucraina non debba essere indipendente».

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