
Territori alla Russia in cambio di pace, anzi no, nessun territorio. È lo Zelensky che ormai conosciamo tutti, e che 48 ore dal vertice Trump-Putin in Alaska, cambia rotta a seconda dell'umore. In mattinata sembrava pronto ad ammorbidire la propria posizione negoziale. A patto che venissero incluse le garanzie di sicurezza per Kiev evocate nei piani degli alleati europei. Per il Telegraph Zelensky aveva fatto aperture esplicite al riguardo nelle ultime conversazioni avute con i leader europei, chiarendo di essere disposto a firmare un'intesa per il controllo de facto dei territori che Mosca già occupa militarmente sul campo, ovvero Donbass e Crimea. In pratica la "soluzione finlandese" anticipata da Il Giornale domenica scorsa. In serata, come da tradizione, il dottor Jekyll è diventato mister Hyde, escludendo il ritiro delle truppe dal Donbass, dopo che il presidente Usa Trump ha suggerito che entrambe le parti avrebbero dovuto cedere parti di territorio. "Non ci ritireremo dal Donbass. Se lo facciamo oggi, le nostre fortificazioni, il nostro territorio e le alture che controlliamo sarebbero in pericolo poiché si aprirebbe una testa di ponte che i russi sfrutterebbero per preparare un'offensiva". Dopo aver consultato apparati dei servizi segreti, il leader di Kiev ha fatto sapere che la Russia non si starebbe preparando a una tregua, ma a condurre nuove offensive. "Putin è determinato solo a presentare l'incontro con gli Usa come una sua vittoria personale e a continuare ad agire come prima, a fare pressione sull'Ucraina allo stesso modo. Non ci sono in preparazione scenari post bellici". E sul summit in Alaska ritiene che l'incontro sarà una vittoria personale di Putin che "uscirà dall'isolamento e ritarderà le eventuali sanzione americane".
Le truppe di Mosca hanno compiuto un poderoso avanzamento nel Donetsk, circa 10 chilometri in due giorni, lungo il fronte a Nordest di Pokrovsk. Kiev conferma che combattimenti sono in corso intorno al villaggio di Kucheriv Yar. Il corridoio ora sotto il controllo russo minaccia Dobropillya, città mineraria da cui i civili stanno fuggendo e che è stata oggetto di attacchi con droni russi. Sotto minaccia anche Kostiantynivka, una delle ultime grandi aree urbane nella regione di Donetsk ancora sotto il controllo ucraino. Il comandante in capo Syrskyj parla di "situazione critica. Solo in quell'area il nemico attacca con 110mila soldati". Zelensky ha fatto il punto della situazione: "Sono stati presi provvedimenti per correggere il momento sfavorevole. Sono grato a ogni unità, a ogni singolo soldato, che ora sta annientando il nemico. Tentiamo di tenere le posizioni nella regione di Kharkiv, a Zaporizhia, nell'oblast di Sumy: ovunque stiamo cercando di fornire al Paese esattamente il tipo di protezione di cui ha bisogno".
Delle difficoltà al fronte ne ha discusso anche al telefono con il presidente turco Erdogan, forse sperando che riferisca a Putin. Per il leader ucraino "con Ankara abbiamo sempre conversazioni amichevoli e significative. L'opera di mediazione di Erdogan si è già dimostrata preziosa durante gli incontri con la parte russa a Istanbul. Comprendiamo allo stesso modo i rischi e le minacce. Una pace fittizia, non autentica, non durerebbe a lungo e spingerebbe la Russia a conquistare ancora più territori". Erdogan nel corso della telefonata ha confermato la disponibilità del suo Paese a organizzare un vertice tra i leader di Ucraina, Stati Uniti, Russia e Turchia in un futuro non molto lontano.
Un summit, in videoconferenza, è previsto oggi
con i leader europei, degli Stati Uniti e dell'Ucraina, ospitati dal cancelliere tedesco Merz. Presente anche il segretario Nato Rutte. Un placebo per Zelensky, a cui continua a non andar giù il mancato invito in Alaska.