"Mi vergogno di chi parla di poltrone nel Pd": Zingaretti si dimette da segretario

Zinga annuncia il passo indietro: "Lo stillicidio non finisce. Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni"

"Mi vergogno di chi parla di poltrone nel Pd": Zingaretti si dimette da segretario

Terremoto in casa Partito democratico: Nicola Zingaretti non ci sta e annuncia le dimissioni da segretario. Il presidente della Regione Lazio ha comunicato il passo indietro attraverso un post sul proprio profilo Facebook: "Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni". L'ormai ex segretario dem non ha risparmiato frecciatine nei confronti degli esponenti che in questi giorni hanno espresso più di qualche critica ai vertici del Nazareno.

Zingaretti ha sottolineato di essere stato eletto due anni fa e di avercerla messa tutta "per spingere il gruppo dirigente verso una fase nuova" chiedendo franchezza e collaborazione. In un momento di emergenza come quello che l'Italia sta attraversando, sostiene, bisognerebbe discutere sui modi di sostegno al governo Draghi piuttosto che delle caselle di potere: si è detto colpito dal "rilancio di attacchi anche di chi in questi due anni ha condiviso tutte le scelte fondamentali che abbiamo compiuto". "Non ci si ascolta più e si fanno le caricature delle posizioni", ha denunciato. Per queste motivazioni ha fatto sapere che nelle prossime ore scriverà al presidente del Partito democratico per le dimissioni formali, rimandando poi all'Assemblea nazionale le future decisioni.

Una scelta maturata in seguito all'immobilismo che si è venuto a creare dopo la nascita dell'esecutivo guidato da Mario Draghi: "Il Pd non può rimanere fermo, impantanato per mesi a causa in una guerriglia quotidiana. Questo, sì, ucciderebbe il Pd. Visto che il bersaglio sono io, per amore dell'Italia e del partito, non mi resta che fare l’ennesimo atto per sbloccare la situazione. Ora tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità".

Partito sotto choc

La notizia ha provocato choc tra dirigenti e parlamentari. Diversi esponenti spiegano che nessuno era stato informato della decisione. C'era infatti grande attesa per l'Assemblea nazionale del 13 marzo per affrontare le divergenze interne e la richiesta di un congresso anticipato, ma nessuno si immaginava un improvviso gesto così eclatante. I gruppi di Camera e Senato si interrogano sulla scelta compiuta da Zingaretti, che adesso viene dato anche come possibile candidato sindaco in occasione delle elezioni Amministrative a Roma: "Stamattina ci sono anche state delle riunioni al Nazareno ma non c'era niente di simile nell'aria". Si tratta di una presa d'atto ufficiale o semplicemente è da intendersi come una mossa per stoppare lo stillicidio? "Se fosse così è l'arma fine del mondo, un terremoto dell'ottavo grado...", dicono dagli ambienti parlamentari.

Le reazioni

Non sono mancate le reazioni politiche. Giuseppe Conte si dice "dispiaciuto" per la decisione: "Le dimissioni di Nicola Zingaretti non mi lasciano indifferente. Seguo con rispetto e non intendo commentare le dinamiche di vita interna del Partito democratico. Non avevo avuto occasione, prima della formazione del governo precedente, di conoscerlo. Successivamente, ho avuto la possibilità di confrontarmi con lui molto spesso, in particolare dopo lo scoppio della pandemia. Ho così conosciuto e apprezzato un leader solido e leale, che è riuscito a condividere, anche nei passaggi più critici, la visione del bene superiore della collettività".

A prendere posizione è stato Matteo Ricci, coordinatore dei sindaci del Pd e presidente di Ali (Autonomie locali italiane): "Comprensibile e condivisibile lo sfogo di Zingaretti, ma Nicola deve rimanere e continuare il suo mandato con la rinnovata spinta dell'Assemblea. Non si può delegittimare ogni volta il leader di turno, men che meno in questa fase di crisi sanitaria ed economica". Sulla stessa scia Francesco Boccia, ex ministro per gli Affari regionali del governo Conte: "Penso che l'Assemblea nazionale abbia una sola strada: chiedergli di restare segretario del Pd che, grazie alla sua guida, è uscito da uno dei periodi più bui della sua storia". Gli ha fatto eco Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali: "Abbiamo sulle spalle non solo il destino del Pd ma una responsabilità più grande nei confronti di un Paese in piena pandemia. Il gesto di Nicola Zingaretti impone a tutti di accantonare ogni conflittualità interna, ricomponendo una unità vera del partito attorno alla sua guida".

Sulla questione è intervenuto anche Matteo Salvini, che però non si è detto affatto interessato alle beghe interne del Partito democratico: "Spiace che il Pd abbia problemi interni che costringono Zingaretti a dimettersi, ma noi oggi stiamo lavorando coi ministri della

Lega per produrre vaccini in Italia, per rottamare 65 milioni di cartelle esattoriali, per far arrivare rapidamente i rimborsi attesi a 3 milioni di Partite Iva, professionisti e imprenditori. Dalle parole ai fatti".

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