Fabrizio de Feo
da Roma
È una partita complicata quella che si apre nei due poli allindomani delladdio di Carlo Azeglio Ciampi al Quirinale. Il vertice tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi produce uno svelenimento dei toni tra i protagonisti della campagna elettorale e apre un primo canale di dialogo tra i due, rompendo un muro di incomunicabilità finora inviolabile. Ma al di là dei convenevoli e del reciproco riconoscimento, alla fine il Professore resta fermo su un unico candidato: Massimo DAlema. E il Cavaliere risponde opponendo «un uomo super partes, mai iscritto ad alcun partito» come Gianni Letta.
È il segno di uno stallo che stride con la volontà, annunciata dallo stesso Prodi, di non procedere a colpi di maggioranza per la scelta del nuovo inquilino del Quirinale. Uno stallo che produce sentimenti contrapposti dentro la Casa delle libertà. Il centrodestra, infatti, apprezza la mossa del Professore di aprire un canale con lopposizione. Non a caso Gianfranco Fini, in un colloquio in Transatlantico, dice al Professore: «Hai fatto bene a telefonare a Berlusconi». Subito dopo, però, il leader di An aggiunge che la Cdl «è pronta a esaminare la rosa di nomi dellUnione», facendo intendere che se il centrosinistra si presenta con un candidato unico ogni ipotesi di «concertazione» viene a cadere.
Il problema è che finora della «rosa» di candidati presentata dal centrosinistra non cè traccia. E di fronte allipotesi DAlema la Casa delle libertà non può che tenere il punto e attendere un segnale. La conferma arriva da Maurizio Gasparri. «Lelezione di un leader di partito alla presidenza della Repubblica non risponde al requisito di terzietà» dice lex ministro delle Comunicazioni. «Non si tratta di dire no a una persona ma a una logica. Abbiamo avanzato una proposta, quella di Gianni Letta, ora vediamo come reagiscono gli altri. Cè una fase di attesa e di stallo. Auspichiamo proposte che non abbiano una caratterizzazione di parte».
Il metodo del dialogo viene invocato anche da Pier Ferdinando Casini che propone la candidatura di Franco Marini, in modo da assegnare la presidenza «di una delle due Camere allopposizione». Ma la Lega frena: «Marini non lo voteremmo» dice Roberto Maroni. E lo stesso neo-presidente di Palazzo Madama si tira fuori dalla corsa, affermando di non avere alcuna intenzione di lasciare lo scranno più alto del Senato. Quel che è certo è che la trattativa tra i due poli non parte sotto i migliori auspici. E da Forza Italia si fa capire in maniera chiara che il dialogo sul nome di DAlema è pura utopia. «Eleggere DAlema rappresenterebbe un errore esiziale» dice il capogruppo alla Camera, Elio Vito. «Io credo che il centrosinistra non possa pretendere di avere per sé anche la presidenza della Repubblica» sottolinea lesponente azzurro. «Significherebbe non tenere conto della metà degli italiani e dimostrare al Paese arroganza e protervia». Una posizione sposata dal suo omologo al Senato, Renato Schifani. «LUnione ha deciso che i nomi vengono prima dei metodi. Questo è inaccettabile. DAlema dal 50% del Paese viene giudicato un uomo di parte».
Sullo sfondo continua ad aleggiare la prospettiva - mai del tutto tramontata - delle grandi intese. «Lelezione del capo dello Stato dovrebbe trasformarsi nelloccasione per unintesa istituzionale alta» dice Carmelo Briguglio (An). «Franco Marini resta a tuttoggi la personalità ideale per aprire il dialogo. In questo accordo dovrebbe entrare lassegnazione della presidenza del Senato alla Cdl, così come unintesa sulle presidenze delle commissioni. In questo modo ci si sottrarrebbe al muro contro muro e si favorirebbe il processo legislativo, nellinteresse del Paese».
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