
Al di là dei numeri, degli sgomberi fatti e non fatti, delle latitanze, delle polemiche e dei rimpalli della politica ciò che la tragedia di via Selvanesco mette drammaticamente sotto gli occhi di tutti è che c'è un'altra Milano oltre a quella che riluce che guarda all'Europa. C'è una città che da via Selvanesco a Chiesa Rossa, dal Corvetto a Selinunte a Quarto Oggiaro a viale Padova è l'altra faccia di una medaglia che non brilla per nulla. Anzi. Una città che vive e sopravvive in quartieri che sono ormai diventati terre di confine, "polveriere" popolate da mondi diversi spesso ostili e in conflitto. Una città dove c'è malessere, dove non si vive bene. "Bisogna fare investimenti duraturi, non di facciata, sia sociali sia strutturali oppure ogni tanto ci scappa il morto" spiega all'Ansa don Paolo Steffano, responsabile della comunità pastorale del Gratosoglio, dove lunedì mattina i quattro bimbi nomadi hanno ucciso al volante di un'auto rubata la 71enne Cecilia De Astis. In queste ore la Procura dei minori di Milano sta valutando quali provvedimenti prendere nei loro confronti per quanto non imputabili non avendo nessuno di loro 14 anni: dall'allontanamento dai genitori perché ritenuti inadeguati oppure l'affidamento in comunità. "Questo è un quartiere affaticato- continua il sacerdote- con una serie di ingiustizie, pur con la volontà di associazioni anche laiche di lavorare in rete. C'è un pullulare di gente bella ma con tante fragilità familiari e delinquenza con bande, risse, ragazzini con il coltello, e se esci con il coltello prima o poi lo usi. E poi case popolari, spesso fatiscenti, con il racket delle occupazioni". Una fotografia a tinte forti che è poi la stessa di molte altre periferie, di altre quartieri, di altre zone franche lontane anni luce dalla "city". E poi qui al Gratosoglio c'è il mondo dei nomadi. "E bisogna distinguere- spiega il don- c'è il quartiere, c'è il mondo rom del campo regolare di Chiesa rossa, e poi c'è l'insediamento "selvaggio" senza nemmeno acqua e corrente di via Selvanesco una realtà "ingestibile" con persone "non intercettabili". Dal punto di vista politico c'è un rimpallo di responsabilità. Io non entro nel dibattito ma bisogna fare investimenti duraturi e non di facciata". Un messaggio chiaro alla politica tutta, senza troppe distinzioni.
Messaggio che rilancia anche l'Opera Nomadi: "Milano è in confusione amministrativa su questa questione visto che le centinaia di famiglie di Khorakhanè ai cui appartengono i quattro bimbi di via Selvanesco che vivono in case occupate o affittate nell'area metropolitana sono ben poco conosciute dall'Amministrazione- spiegano il presidente nazionale Massimo Converso e il responsabile lombardo Mario Cipriani- i ragazzini dovrebbero essere messi in osservazione dai servizi sociali e non tolti alle famiglie ma controllati razionalmente. Il Comune ci convochi e ci ascolti siamo la voce che si oppone alla propaganda elettorale, al buonismo ed all'antirazzismo di maniera".