Un pop d'uomo

di Lucia Serlenga

Quadrati, triangoli, righe per terra era il tempo di Carosello e di quella pubblicità dove un vigile fermava un cavernicolo che aveva infranto il codice della strada. Il quale a sua volta, non essendo a proprio agio nella vita moderna e nelle sue regole, rispondeva utilizzando parole in un veneto approssimativo: «Quadrati, triangoli, striche per tera, tuto va ben, tuto fa brodo». Oggi, in tempo di P.O.P. ovvero righe, triangoli, pois, quadrati non tutto fa brodo ma fa Pitti Optical Power, una sorta di arena dove dal 12 al 15 giugno a Firenze l'ubriacatura grafica e visiva promette sfracelli. Rette che s'inseguono, si compattano a gruppi e diventano ondulate come circuiti o schizofreniche come le onde di uno schermo televisivo disturbato, pois allineati in fila indiana per dire la loro con segni grafici impertinenti, colori che invadono campi grandi e piccoli è digital art quella che annebbia la vista e fa temere il rischio d'incontrare uomini che per la prossima estate 2019 si guardano bene dalla discrezione degli uniti per cedere alla tentazione di un estro incontrollato e bizzarro nella scelta di giacche, pantaloni, maglie e camicie. Mettersi la Pop Art addosso e non apparire un Arlecchino cafone e presuntuoso non è da tutti.

Maneggiare colori e fantasie presuppone un talento personale, come per esempio quello del critico d'arte, giornalista e conduttore televisivo Philippe Daverio, uno dei pochi uomini in grado di armonizzare righe, quadretti, pois nello stesso ensemble di giacca, pantaloni, gilet e papillon e osare colori fuori dal coro. Piacere o non piacere, il suo è uno stile. Indubbiamente la strada della fantasia conduce sempre sul crinale pericoloso del cattivo gusto. Un nome che ha fatto tanto discutere in questo senso è quello del giornalista Oscar Giannino per cui si sono spese parole pesanti tipo «look da circo». Del resto se guardiamo allo stile degli artisti scopriamo che il padre della Pop Art si era guardato bene dal diventare icona di segni incasinati. Andy Warhol portava giacca e cravatta ma li innestava di modernità con l'impertinenza del jeans.

Insomma gli artisti, cui si perdonerebbe la qualsiasi, s'ammantano spesso di normalità: Salvador Dalì puntava sui suoi baffi per far passare quasi inosservata la classicità dei doppiopetto. Pablo Picasso si concedeva le righe marinière delle maglie e la disinvoltura delle espadrillas. Jean-Michel Basquiat mixava con grande gusto lo street chic dei barboni con la raffinatezza dei completi Armani mentre Jeff Koons, che ha fatto anche il broker a Wall Street, mantiene l'immagine dell'uomo d'affari e il britannico Damien Hirst sceglie quasi sempre il nero lasciando campo libero ai colori strabilianti delle sue opere come quelle dell'ultima straordinaria mostra veneziana «Tresure from the Wreck of the Umbelievable».

Insomma tra una sbornia di segni e una giudiziosa moderazione, il ritmo della prossima estate si dovrebbe sintonizzare sull'andante con moto. E tanti saluti all'Optical Power, almeno sui vestiti. Ammessi e concessi piccoli, pazzerelli dettagli «fuori dalle righe».

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