Controcultura

Povero Instagram, è l'influencer (solo) di se stesso

Un mondo noiosissimo, fra contenuti e linguaggi tutti uguali e mercato dei like

Povero Instagram, è l'influencer (solo) di se stesso

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Povero Instagram, è l'influencer (solo) di se stesso

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Ho sempre odiato Instagram, pur non avendo mai ragionato sul perché. Ogni volta che posto qualsiasi cosa su Instagram non mi sento più uno scrittore, mi sento uno scemo. Sarà per questo che è il social più importante del momento, il social degli influencer. Ecco perché non mi sono lasciato sfuggire il libro Instagram al tramonto, un bellissimo saggio di Paolo Landi edito da La Nave di Teseo. Non che Instagram stia tramontando, anzi, ma la sera, al tramonto, il numero di like aumenta vertiginosamente, perché tutti postano tramonti. Io non ho mai postato tramonti, ma mi tocca sorbirmi quelli degli altri. Che tra l'altro sono tutti uguali. Insomma, visto uno visti tutti, figuriamoci centinaia di migliaia di tramonti al giorno.

Instagram è il social degli influencer. Ogni tanto scorro la home e trovo persone completamente sconosciute, in genere ragazze, con centomila, mezzo milione, un milione, due milioni di follower. Mi chiedo sempre: e questa chi è? Chi la conosce? Sono influencer. Non devono essere attori, registi, scrittori, cantanti, calciatori, noti insomma per qualche particolare talento, anzi meno sono più influenzano. L'importante è essere se stessi, comunicare se stessi, che non ho mai capito cosa significhi ma di certo produce denaro. Un post di una nota influencer con un certo orologio o un certo paio di scarpe può valere cinquantamila euro. Soldi facili. Un modo di vivere che tutti cercano di imitare, sebbene pochi ci riescano. Facendo sì che la maggior parte degli utenti di Instagram sia composta da disperati che cercano di imitare gli influencer che seguono.

Il criterio, dentro Instagram, è: «la mia foto esiste solo se tu la guardi e ci metti un like». Solo che mentre il like ricevuto dall'influencer si trasforma in denaro, il like ricevuto dall'utente comune testimonia solo la sua inesistenza. Almeno secondo la logica di Instagram. La quale comunque persuade chi usa questo social che chiunque possa diventare un influencer, e che l'influencer sia l'unico a avere una vita, la realtà misurata in numero di like. Anche per questo è bandito tutto ciò che è negativo.

Infatti, come nota Landi, su Instagram non esiste tristezza, angoscia, disperazione. «Instagram è un grande moltiplicatore di felicità. Su questo social tutti sono o sembrano felici, la felicità non è più un sentimento intimo ma è esibita senza pudore». In effetti non esiste proprio nessun pensiero, solo questa continua ostentazione della felicità, o meglio «la mercificazione della felicità».

Se ci fate caso non esistono neppure persone che lavorano, nelle foto di Instagram: sono sempre tutti in vacanza, come se nessuno dovesse mai lavorare, cosa che d'altra parte fanno appunto gli influencer: lavorano non facendo niente. Se glielo chiedete, come a Chiara Ferragni nel documentario Chiara Ferragni Unposted, rispondono che sono se stessi. Per quanto siano tutti uguali e postino tutti le stesse cose.

Se si dovesse valutare l'umanità da quello che vediamo su Instagram, sono sempre tutti a mangiare, a ballare, a rilassarsi in un hotel di lusso, a scattarsi selfie durante lo shopping per avere qualche like e illudersi di esistere. Inoltre ha ragione Landi quando nota come non ci sia modo di sfuggire al kitsch di Instagram se non chiudendo il proprio account. «Si può essere animati dalle migliori intenzioni, sostenuti da una cultura solida e da un gusto impeccabile, ma tutti i mosaici di Instagram sono irrimediabilmente kitsch. Non solo i tramonti, i fiori, i piatti di cibi prelibati, il mare e la prima comunione del figlio: anche gli interni di case altoborghesi, il quadro fotografato al Louvre, la conchiglia del Guggenheim, la copertina di un libro Adelphi su Instagram si ammantano della melassa del cattivo gusto».

In ogni caso Instagram si è anche accorta che i like e i follower si possono comprare, e siccome con follower e like c'è chi ci guadagna, sta cercando di trovare un rimedio, per esempio nascondendo il numero di cuoricini ricevuti. Tra i Paesi scelti per fare il test del nascondere i like stranamente c'è l'Italia. Forse perché gli esperimenti si fanno prima sui topi.

Tuttavia, se proprio volete stare su Instagram e non siete influencer, sappiate che c'è una regola da seguire, «perché è disdicevole, nel codice non scritto di Instagram, seguire più persone di quanto seguono te. Il rapporto ottimale deve essere sempre: se hai 1000 follower, ne devi seguire al massimo 250». E tenete conto che, per citare ancora Landi, il contenuto di Instagram non siete voi.

Parafrasando il caro vecchio McLuhan, secondo il quale il medium è il messaggio, il contenuto di Instagram è Instagram.

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