Povero Monti, non conta niente

Mentre il governo balbetta su pensioni e Irpef, l’euro è al collasso. La Finanziaria lacrime e sangue rischia di essere inutile. In Europa volano gli stracci: la Gran Bretagna saluta tutti e fa da sé

Povero Monti,  non conta niente

Mario Monti a Porta a porta , davanti a un Bruno Vespa incredulo, ha affermato che quando lui è arrivato a Palazzo Chi­gi l’Italia era a tre mesi da un crollo alla greca. Una boutade sobria? Non sappiamo. Ma se il premier ha ragione, una cosa è certa: il default è anco­ra dietro l’angolo. Con un’aggravante: che alla cata­strofe non mancano più tre mesi, bensì solo due. Di­fatti la manovra dei tecnici non ha modificato di una virgola la situazione che, quindi, rimane drammati­ca esattamente come 90 giorni orsono. Una mano­vra pesante per i contribuenti, ma leggerissima e inin­fluente ai fini del debito pubblico, la cui entità è inal­terata.

I miliardi recuperati nelle nostre tasche dal profes­sore bocconiano e dai suoi colleghi serviranno a ma­lapena a compensare le maggiori uscite dovute al rialzo dello spread, cioè degli interessi passivi sui pre­stiti. D’altronde, è noto a chiunque che,per diminui­re il debito, e i suoi oneri, o si riduce la spesa o si fa un buco nell’acqua. Il trionfalismo suscitato dalle misu­re che l’esecutivo ha adottato (alle quali la stampa ha dedicato commenti encomiastici) è ingiustificato non soltanto perché esse non risolvono il problema, ma lo complicano. Motivo? Inasprire il prelievo fisca­le non agevola la sospirata (e illusoria) crescita; al contrario, incentiva la depressione e favorisce la re­cessione. Proprio un bel risultato.

In ogni caso è inutile prendersela con il «signore in loden», cui va riconosciuto il merito di rischiare la fac­cia (e la perderà), visto e considerato che lui, per quanto si dia da fare, non conta e non conterà nulla nella determinazione dei destini della Patria, che di­pendono esclusivamente dall’Europa e dall’euro. Lo si evince da quello che sta accadendo in questi giorni nel­le trattative in sede Ue, finora inconclu­denti sul piano sostanziale. Non c’è verso che le maggiori potenze trovino un accor­do serio. L’Inghilterra si è defilata, infi­schiandosene della moneta unica che ha sempre respinto. La Germania insiste nel rifiutare gli eurobond. La Francia trac­cheggia. L’Italia è in balìa di tutti, perché giudicata responsabile dell’acuirsi della crisi.

Praticamente, l’unica decisione assun­t­a dai padreterni che rappresentano le na­zioni cardine dell’Unione europea è stata quella di rinviare a marzo il momento del­­la verità, quando essi si riuniranno di nuo­vo­allo scopo di misurare la febbre dell’eu­ro, oggi molto alta. Il dato, dunque, è che noi siamo un vaso di vetro fra tanti vasi di coccio, ciascuno dei quali cerca di salvare se stesso e non ha alcun interesse autenti­co per il destino degli altri.

Ha voglia Monti di alzare le aliquote dell’Iva e di riesumare l’Ici, brodini privi di effetti benefici. Occorre ben altro per assicurare un riparo alle economie occi­dentali legate l’una all’altra da una mone­ta unica, che poi è una gabbia nella quale convivono sistemi politici diversi, diver­se capacità produttive e di crescita, diver­se lingue e culture. Si percepisce a occhio nudo che l’euro è in agonia, tenuto su a forza di flebo che ne prolungano l’esisten­za senza alcuna possibilità di guarirlo. Va da sé che prima o poi la divisa imploderà. Sarà una liberazione o una catastrofe? Forse entrambe le cose. Certo è che avan­ti così non si può andare. Se i capi di Stato e di governo confluiti nella Ue avessero coraggio, o almeno non temessero di es­sere sconfitti alle elezioni in casa pro­pria, dovrebbero rassegnarsi all’eutana­sia della valuta fasulla e del contenitore burocratico, politicamente insignifican­te, chiamato Unione europea. Basta con questa finzione.

Infine, Monti si persuada di non essere in grado di compiere un prodigio: ciò che accade in Italia è il riflesso di ciò che avvie­ne, o non avviene, a livello internazionale. Quello che lui fa è vano perché non è in condizione di ammazzare il debito pubbli­co.

Oddio, dalle sue iniziative qualcuno che sta per guadagnare c’è: le banche. Che,d’ora in avanti,con la storia della trac­ciabilità moltiplicheranno gli affari. Già. Se i pensionati che percepiscono un asse­gno superior­e a 500 euro non potranno ri­scuotere denaro contante, ovvio, saranno obbligati ad accendere un conto corrente, e il loro reddito netto sarà ancor più mode­sto, mentre quello lordo degli istituti di credito ancor più ricco.

Tutto questo accanimento contro i po­veracci e gli anziani, fra l’altro,non darà al­cun frutto, ma creerà malcontento per non dire di peggio.

Anche perché, e non ci stanchiamo di ripeterlo, i giochi non si svolgono qui nel Belpaese ma a Bruxelles, dove noi (dove Monti) siamo importanti come il due di picche quando la briscola è a bastoni.

Presidente, per favore, non pigliamoci in giro.

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