«Con Fassino nessun problema», ha insistito in serata Prodi, per rassicurare che è tornato il sereno sul futuro del governo. Il segretario della Quercia gli ha tenuto bordone, smentendo e precisando di non aver «mai chiesto un rimasto» né tanto meno di cercare «un posto al sole». Ma registrando l’incontro tra i due al seminario di Frascati, si ha la conferma che la tempesta scatenata dalle dichiarazioni di Fassino è seria. Ambedue erano attesi al pranzo di Villa Tuscolana, e ovviamente non potevano mancare. Ma quanto riportato dai giornali pesava come un macigno.
Il premier era giunto da poco, insieme a Dario Franceschini e Marina Sereni, accomodandosi al tavolo dove già magiavano Pierluigi Bersani e Antonello Soro. Fassino è arrivato pochi minuti dopo, parlando al telefono cellulare e fermandosi un po’ distante dalla zona ristorante. Finita la telefonata, ecco che la Sereni gli si avvicina e fa per portarlo al tavolo del presidente del Consiglio. Il segretario dei Ds però cambia direzione, saluta qualche altro deputato e si riattacca al telefonino. La scena dura qualche minuto e diversi deputati commentano con un pizzico di ironia, altri seguono la scena con un po’di imbarazzo.
A un certo punto Silvio Sircana si avvicina al premier: «Guarda che c’è Piero», lo avverte a bassa voce, indicando il punto del giardino in cui Fassino sta ancora telefonando. Prodi allora si alza e comincia ad avvicinarsi, ma poi si ferma per un caffè con i suoi collaboratori. Al termine finalmente, e sono trascorsi svariati minuti, il premier si avvia verso il leader della Quercia, che a sua volta fa qualche passo verso il Professore. I due, a beneficio di fotografi e telecamere, cominciano a camminare insieme verso l’ingresso della villa. Ed ecco il «chiarimento» sulla richiesta di rimpasto fatta da Fassino alla Festa dell’Unità di Venezia. «Mi hanno fatto una domanda - spiega il segretario dei Ds - e io ho dato la risposta più pacata del mondo. L’ho fatto con le migliori intenzioni». Prodi risponde conciliante, e a quel punto ha già preso sottobraccio l’alleato: «Ma sì, ma sì, ho capito».