Caro Massimiliano, sul Giornale dell'11 agosto il signor Silvio Camillo Repetto scrive di me: «Se pure la Costituzione vincola l'eletto a niente e nessuno per garantirgli la più libera espressione di volontà, come la mettiamo coi soldi? Come fare l'americano con i soldi di mammà?». Le critiche che ne conseguono («se votiamo questa gente non possiamo pretendere che le cose vadano dritte» e altro) paiono reggersi sulla «verità» diffusa da alcuni, anche approfittando dell'ospitalità del Giornale, secondo cui la campagna elettorale del 2008 mi sarebbe stata pagata dal partito. Debbo quindi rivelarvi che:
- essa fu interamente pagata da me, con soldi quasi interamente miei e in piccolissima parte di miei sostenitori personali che nulla hanno a che fare con il Pdl;
- pur certo in partenza della mia elezione, ritenni doveroso, per ringraziare il partito della fiducia accordatami, impegnare il massimo budget consentito dalla legge (pari a quasi due anni del mio stipendio da professore ordinario a tempo pieno), onde contribuire a conquistare, come avvenne, per poche migliaia di voti, il premio di maggioranza di due senatori in più; non a caso impiegai i miei fondi per messaggi «collettivi» di tutti i principali candidati, risultati poi eletti;
- inoltre, contribuii alla campagna del partito con altri ventiduemila euro, poiché i coordinatori regionale e metropolitano del Pdl lamentarono la totale assenza di contributi da Roma.
Rispondo solo su questo tema, perché il lettore adombra - certamente per incolpevole disinformazione - un mio comportamento disonesto sul delicatissimo fronte dei quattrini, sul quale non si può prescindere dalla totale trasparenza. A tutte le altre opinioni fondate su «verità» fantasiose non ho replicato, seppellendo i miei argomenti e le mie ragioni. Capisco forse solo ora certi versi di Kipling che da adolescente ritenni un po' retorici («Se sopporterai di ascoltare la verità che hai detto travisata dai vili per ingannare gli sciocchi
», con quel che segue).
*senatore Pdl
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