Il prefetto democratico diventa supermanager

La confraternita delle madame de Stael in salsa ambrosiana ha smesso di disperarsi. Bruno Ferrante (nella foto) è nuovamente ospite dei salotti buoni dove può sponsorizzare il «partito del mattone». Già, l’ex prefetto di Milano e l’ex candidato a sindaco del centrosinistra, oggi lavora per il gruppo Ligresti.
Sì, l’ex grand commis dopo che il governo Prodi gli aveva trovato un’occupazione post-trombatura - alto commissario anticorruzione nella pubblica amministrazione - ha lasciato l’incarico pubblico per assumere la presidenza di Fibe e Fibe Campania, ovvero due società del principale gruppo italiano del settore opere pubbliche coinvolte dalla Procura di Napoli nella gestione dei rifiuti. Trasformazione niente male, dopo aver (ri)messo nell’armadio quel vecchio e logoro eskimo indossato nella campagna contro la Moratti. Vabbè, storia di ieri. Quella di oggi è all’insegna del business immobiliare possibile se gli operatori lavorano senza vincoli, «sarebbe utile un ripensamento», sostiene Ferrante: «Vincoli che hanno permesso di ostacolare progetti come quello del Cerba. Milano è piccola e per il suo sviluppo bisogna guardare anche al di fuori della cinta daziaria». Virgolettato che non ha bisogno di traduzione: bisogna abbandonare l’urbanistica vincolata, dare l’addio all’epoca degli standard e giocare a tutto campo (parchi compresi) la partita dello sviluppo urbanistico.

Sia chiaro, tesi da sottoscrivere senza cambiare una virgola perché le regole e i vincoli non fanno certo una città migliore e perché Milano ha bisogno di nuova flessibilità. Dunque, la tessera onoraria del «partito del mattone» vada a Ferrante, quell’ex prefetto che per raccattare voti frequentò pure i pasdaran degli abracadabra del politicamente corretto.

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