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Il premier: "Contro la mafia ho fatto più di tutti"

Berlusconi: "Attacco ignobile. Testimoni manipolati dai pm che sperano di inchiodarmi". E querela Repubblica. La prova che smonta le accuse a Fininvest: il documento. Quell'esercito di pentiti

Il premier: "Contro la mafia ho fatto più di tutti"

Roma - Colpevole ancora una volta la mattutina lettura dei giornali, il risveglio di Silvio Berlusconi a Villa Certosa non è dei migliori. Cosa pensi il Cavaliere delle inchieste su cui lavorano da mesi le Procure di Milano, Firenze, Palermo e Caltanissetta - che stanno indagando sul premier come mandante delle stragi di mafia del ’92 e ’93 - è cosa nota, perché più volte nelle sue conversazioni private Berlusconi non ha nascosto sorpresa, incredulità e indignazione. In pubblico, almeno fino a ieri, si era invece limitato all’ironia e a qualche battuta perché - aveva detto ai suoi - si tratta di una vicenda «talmente surreale» che il solo fatto di commentarla «sarebbe ridicolo».

Qualcosa, però, deve essere cambiato. E il Cavaliere decide di scendere in campo in prima persona e bollare la vicenda come «l’attacco più incredibile e ignobile che mai sia stato rivolto nel corso di questi ultimi anni, da quando ho deciso di dedicarmi con tutte le mie forze al bene del mio Paese». Una presa di posizione netta, sulla scia di quello che solo ventiquattrore prima aveva detto in privato a un gruppo di giovani del Pdl che lo aveva accolto all’aeroporto di Olbia. «Se c’è un partito che in questi anni più si è distinto nel contrastare la criminalità organizzata - insiste il premier - questo partito è stato Forza Italia ed oggi è il Pdl. Se c’è un governo che più di tutti ha fatto della lotta alla mafia uno dei suoi obiettivi più netti e coerenti, questo è il mio governo».

Un deciso cambio di marcia, dunque. Perché, spiega durante le telefonate del pomeriggio quando è ormai rientrato ad Arcore, «ora la misura è davvero colma». Ufficialmente il Cavaliere se la prende con «i quotidiani», ma è chiaro che l’obiettivo è ancora una volta la Repubblica che, dice, «chiamerò a rispondere sul piano penale e civile dei danni arrecati alla dignità della mia persona, della mia famiglia e dalla Fininvest». Perché, ripete a un ministro, «a ogni persona onesta e di buon senso che ci troviamo di fronte ad una bufala».

Eppoi, ribadisce nella nota, «sono certo che il mio sia il governo che la lanciato la sfida più determinata alla mafia nella storia della nostra Repubblica». E forse, chiosava qualche giorno fa con un parlamentare del Pdl, «è anche per questo che oggi i pentiti puntano il dito contro di me». Pentiti, ragionava il Cavaliere, che «non hanno alcuna attendibilità» visto che «la loro vita, i loro privilegi e la loro libertà dipendono in tutto e per tutto da quegli stessi magistrati che non fanno altro che chiedergli di inchiodarmi».

Con Berlusconi si schiera in blocco il Pdl e anche un finiano doc come Italo Bocchino che, passata qualche ora dalla nota di Palazzo Chigi, si colloca esattamente sulle stesse posizioni ribadendo l’azione del governo contro la mafia. Così Benedetto Della Vedova, anche lui vicino all’ex leader di An, non nasconde le sue perplessità: «Non si può tenere in scacco il Paese per le fantasie a scoppio ritardato di qualche pentito. In modi diversi, abbiamo già visto come sono andati a finire i casi Tortora ed Andreotti». Eppoi, aggiunge Della Vedova in linea con le parole di Marcello Dell’Utri, «il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non è altro che un'aberrazione giuridica».

Non ci gira intorno, invece, il vicecapogruppo del Pdl alla Camera Osvaldo Napoli secondo il quale «il teorema Spatuzza-Ingroia puzza di mafia. Quella vera».

Con una digressione su Carlo De Benedetti: «La Consob fa come la bella addormentata nel bosco oppure si è accorta della turbativa di Borsa che può venire a una società quotata dagli articoli del gruppo Repubblica-L’Espresso? E come potrebbe l’editore svizzero De Benedetti pretendere un risarcimento di 750 milioni di euro da capitali giudicati o anche solo sospettati di mafia?».

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