Milano - "Sono arrivato in un club speciale e l’allenatore diventa uno di più. Non ho mai dimenticato di pensare di essere un grande allenatore, ma qui voglio essere Josè Mourihno, con la sua grande passione per il calcio". Con queste parole, in un italiano quasi perfetto, Mourinho si è presentato nel suo primo giorno da tecnico dell’Inter. "Ho sempre pensato che mi sarebbe piacerebbe lavorare in Italia e se possibile in una grande società - ha proseguito l’allenatore portoghese -. E l’Inter mi ha dato la possibilità di lavorare in questo paese calcisticamente fantastico. È una sfida molto importante e anche per voi credo sarà divertente". Quindi ha messo in mostra subito idee chiare: "Voglio iniziare un ciclo, con soltanto due o tre nuovi giocatori. Una rosa dev'essere al massimo di 21 uomini, anche se in quetsi giorni la stampa ci sta attribuendo un organico di 60 giocatori". Da Mourinho anche un ringraziamento al suo predecessore Roberto Mancini, "un grande allenatore, ma io penso differente, lavoro differente e questa è la mia sfida".
Nuovo ciclo "Voglio iniziare un ciclo con la stessa squadra dell’anno scorso più due o tre nuovi giocatori" ha spiegato il nuovo allenatore dell’Inte. "La squadra resterà più o meno quella dell’anno scorso, ma io la penso diversamente da Roberto (Mancini, ndr) - ha continuato Mourinho -. Questo è lontano da essere una critica, perché è normale che se ad esempio Roberto andasse al Chelsea, lì cambierebbe le cose. Io lavoro bene, ho sempre avuto un rapporto forte con i giocatori e sempre sarà così. Visti i titoli che ho alle spalle, la conseguenza naturale sarà tornare a vincere qualcosa di importante - ha aggiunto il nuovo allenatore nerazzurro -. Ho sempre detto che i miei giocatori sono i migliori del mondo: l’ho fatto quando allenavo una piccola squadra, l’ho fatto al Porto e poi al Chelsea. Ora i migliori del mondo sono i calciatori dell’Inter". E ai tifosi che vogliono la Champions risponde: "E' lo stesso desiderio di almeno 11 squadre. La differenza la fanno i dettagli".
Informale In abito scuro, camicia celeste e - diversamente dal suo solito - con la cravatta tenuta larga sul colletto sbottonato, Mourinho si è presentato di fronte a una platea di circa un centinaio tra giornalisti e operatori tv, seduto al fianco del suo vice Beppe Baresi, del direttore tecnico Marco Branca e dell’amministratore delegato Ernesto Paolillo. Subito è partita la successione di domande a cui, ha precisato l’ex allenatore del Chelsea, "non voglio rispondere in portoghese perchè poi dimentico il mio italiano". Vista la parlantina arriva puntuale la domanda sull'inizio delle lezioni nella nostra lingua. "Il primo contatto con Moratti? Dopo la sconfitta con il Liverpool in Champions (quando ci fu la sfuriata di Mancini in sala stampa ndr)".
"Non sono un pirla..." L’avventura con i giornalisti di Mourinho è iniziata con un siparietto in cui il tecnico portoghese ha dimostrato non solo di conoscere l’italiano, ma di saper utilizzare anche le espressioni più colorite. "Non sono un pirla..." ha replicato Mourinho a un giornalista inglese, il secondo di fila che gli chiedeva, in maniera più o meno velata, quali giocatori del Chelsea intendesse portare a Milano. Mourinho non ha risposto e al secondo che gli ha chiesto in italiano "Lampard, nel campionato italiano, avrebbe difficoltà?".
"Perché parla di un giocatore del Chelsea?" ha replicato Mourinho. "Perchè è un modo furbo di fare la stessa domanda di prima" ha confessato il corrispondente del Guardian. "Eh, lo so. Ma io non sono un pirla..." ha commentato Mourinho tra applausi e risate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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