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Il "quoziente familiare" è una sponda alla natalità: il piano allo studio del governo

Germania, Francia e Svezia applicano il quoziente familiare. E rispetto all'Italia vedono tassi di natalità ben più alti

Il "quoziente familiare" è una sponda alla natalità: il piano allo studio del governo

La genitorialità è una vocazione che dovrebbe prescindere, sulla carta, da incentivi e stimoli economici: ma nell'Italia odierna mettere al mondo un figlio è, per molte famiglie, un indubbio vincolo economico che in un contesto di stagnazione e crisi strutturale del sistema-Paese assume la forma del disincentivo di fatto. Il fisco strangola le famiglie e contribuisce anche a svuotare le culle: il modello fiscale allo studio da parte del governo Meloni e fondato sul superamento dell'indicatore Isee mira a portare anche nel Belpaese il quoziente familiare.

In altre parole, quello anticipato da Giorgia Meloni nel discorso programmatico e spiegato sul Giornale.it è un sistema di tassazione che mira a tenere conto della composizione del nucleo familiare, con aliquote diverse a seconda del reddito dichiarato e dei componenti a carico di uno o più contribuenti. Una scala di equivalenza che, per fare un esempio, renderebbero lo stesso guadagno di 1.000 euro di una persona fisica singola e di un lavoratore con due figli a carico tassati diversamente.

Questo modello rende fiscalmente molto meno gravoso il mantenimento dei figli. Prendiamo l'esempio della Francia: come spiega Qui Finanza, il suo modello prevede che "al reddito lordo (familiare) si applica una deduzione forfettaria del 10%, mentre all’importo risultante da questa operazione si sottraggono 10.064 euro (che non sono imponibili, e che potrebbero coincidere con la nostra no tax area). La cifra che resta, in fine, si divide per il quoziente familiare. Quest’ultimo, come già detto, dipenderà a sua volta dal numero delle persone che compongono il nucleo. Un adulto vale un punto, i figli 0,5". Introdotto negli Anni Trenta per controbattere il declino demografico del Paese, questo modello è interessante anche per un'altra questione politica che riguarda l'Italia: il problema natalità.

Il combinato disposto tra quoziente familiare, sostegno alle donne lavoratrici che scelgono di partotire e incentivi può giocare un ruolo nel contrastare l'inverno demografico. "In Germania, gli assegni familiari sono uguali per tutti, ossia circa 220 euro al mese e aumentano di importo dal terzo figlio in poi: il sistema fiscale prevede una deduzione di 8.400 euro", ha sottolineato un report del Forum delle associazioni familiari ripreso da La Stampa che mostra i successi del modello nel far crescere del 2%, a oltre 795mila nuovi nati, le culle piene in Germania, ai massimi dal 1997. In Germania si registrano 1,6 figli per donna, in Francia 1,8, in Svezia invece dove "il welfare è universale sia dal punto di vista dei servizi che delle elargizioni economiche ed è impostato su base individuale, ma tutte le famiglie ottengono un assegno di 1.480 euro l'anno in caso di un figlio, di 3.132 con due figli, di 5.300 per tre figli" la natalità è a 1,7. In Italia siamo a 1,24, il 2021 ha visto la nascita di soli 399mila bambini, portando la quota sotto la soglia dei 400mila per la prima volta dalla fine della Grande Guerra. Anche riforme come l'assegno unico per i figli e il Bonus Bebé sono state vincolate all'Isee e non a un generale processo di ridefinizione della scala fiscale.

Ovviamente la riforma del quoziente familiare andrebbe inserita in una più ampia dinamica fiscale che favorisca il ceto medio ed eviti di risolversi in un regalo alle famiglie più facoltose. Ma in quest'ottica l'idea di premiare fiscalmente la natalità e aiutare alla creazione di economie di scala familiari aiuterebbe senz'altro a contribuire a una graduale fuoriuscita dal sistema Isee, non pensato per la situazione attuale di alta disuguaglianza e difficoltà di accumulazione dei risparmi, da associarsi a un alleggerimento delle tasse sul ceto medio per permettere un'uguaglianza di opportunità nell'accesso alla maternità.

Va tenuto conto di un mutato cambiamento sociale, sottolineato da LaVoce.info: "Nel 1980 la relazione era negativa: il numero medio di figli per donna era più alto nei paesi dove si registravano bassi tassi di occupazione femminile. Negli anni Duemila la relazione è diventata invece positiva, ossia il numero medio di figli per donna è più alto laddove i tassi di partecipazione femminile al mercato del lavoro sono più alti". E questo sottolinea come l'incentivo economico alla natalità è importante e prioritario per evitare le sabbie mobili dell'inverno demografico: la genitorialità costa, è inutile negarlo. Allo Stato il compito di non trasformar il vincolo economico in un fattore penalizzante. "Se riflettiamo bene, la consapevolezza dell'importanza di avere figli è un prodotto del miglioramento della condizione della donna, e non antitetico alla sua emancipazione", ha sottolineato l'ex premier Mario Draghi agli Stati Generali della Natalità del 2021. "Un'Italia senza figli è un'Italia che non crede e non progetta. È un'Italia destinata lentamente a invecchiare e scomparire", aggiunse allora Draghi.

Il quoziente familiare può essere utile per evitare il manifestarsi di questi problemi come punto di partenza di una riforma fiscale amica, e non ostile, verso le famiglie.

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