Come sarà la Confindustria di Vincenzo Boccia? Agli amici che gli chiedono con che stato d’animo stia per affrontare la grande sfida che l’attende a fine maggio, l’imprenditore salernitano (settore stampa) risponde convinto che, nel suo caso, l’ottimismo della volontà prevarrà sul pessimismo della ragione. Nonostante i tanti lacci che continuano a frenare il «made in Italy», il presidente designato fa notare che siamo comunque la seconda potenza industriale d’Europa. Un punto di partenza non trascurabile per cercare di risalire la corrente, agendo su due fronti: il primo all’interno della Confindustria, il secondo a livello italiano ed europeo.
Cominciamo dalla nuova squadra dell’Eur. Boccia ha cercato di ricompattare la confederazione dopo lo scontro all’ultimo voto con il bolognese Alberto Vacchi. Non c’è stata la possibilità di una specie di pace di Versailles per la semplice ragione che gli avversari, anche dopo la sconfitta, chiedevano la delega sull’organizzazione che spetta storicamente al presidente designato. Boccia si è, così, mosso in prima persona per allargare ugualmente la maggioranza che l’appoggia a dispetto dei paletti frapposti. Dapprima ha portato dalla sua parte gli industriali del Lazio, assicurandosi il sostegno del presidente regionale Maurizio Stirpe che diventerà suo numero due. Poi ha allargato le adesioni in Lombardia, dove già poteva contare sull’associazione di Legnano, riallacciando i rapporti con Varese e, la notizia è clamorosa, sta ora per fare altrettanto con Assolombarda. Pur essendo già stato uno dei principali collaboratori del suo predecessore Giorgio Squinzi, ora alla presidenza del Sole24Ore, Boccia vuole dare un segnale di novità nella continuità mettendo su un team di vicepresidenti «under 50» con una buona esperienza di vita associativa: oltre a Stirpe, la toscana Antonella Mansi, il varesino Giovanni Brugnoli, il veronese Giulio Pedrollo e la reggiana Lisa Ferrandini che già faceva parte della compagine di mister Mapei. Completa la squadra Stefan Pan di Bolzano che si occuperà del comitato dei rappresentanti di tutte le Regioni.
L’importante, è ridare subito la carica a Confindustria che, per motivi vari, ha dovuto un po’ segnare il passo negli ultimi mesi. Se un tempo piccolo era bello, oggi non è più così: Boccia se ne rende perfettamente conto e, in tal senso, sta muovendo le sue pedine anche sul fronte esterno. Continuano a dominare le microimprese capaci di raggiungere il 47% dell’occupazione e il 30% del valore aggiunto: in uno scenario di sfida globale la loro situazione, in effetti, appare sempre più precaria e non bastano certo le promesse di aiuti finanziari di Renzi e del ministro Padoan per poter assicurare un futuro roseo al «made in Italy». Se la vecchia generazione d’imprenditori riusciva a tenere la posizione sul mercato facendo ottimi prodotti, più o meno di nicchia, oggi non basta più perché, per restare competitivi, bisogna essere primi a tutto campo, dall’accesso al credito alla rete commerciale e al marketing, senza, ovviamente, trascurare il tema caldo dell’innovazione di prodotto. Insomma una rivoluzione a 360 gradi che pone i piccoli di fronte ad una strada senza alternative: possiamo restare in gara solo moltiplicando i distretti industriali.
Ecco perché Boccia guarda all’Europa e ha pure avocato a sé la gestione diretta dei rapporti con le banche e con tutto il sistema finanziario in un’ottica sempre più continentale. Perché è inutile addossare tutte le colpe a Bruxelles, ai nostri partner e all’euro. Il presidente designato si sente, in questo, un nuovo Ranieri: l’Italia può ancora giocare nella Premier League del Vecchio Continente ma deve battersi fino in fondo per diventare una nuova Leicester. Per queste ragioni, fa sapere il successore di Squinzi, non è sufficiente impegnarsi perché la Bce e Draghi continuino a sostenere una politica monetaria espansiva. È anche necessario che gli industriali si sforzino per riuscire a spazzare via tutti quei freni, come le quote di accantonamento, che i vari organismi internazionali continuano a frapporre al credito facile.
Dopo aver «bocciato» il rivale Vacchi, l’imprenditore campano sembra, dunque, avere le idee chiare: il fatto che, in appena un mese, abbia ricompattato una buona fetta di Confindustria è, di per sé, molto significativo. Attento, però, a non fidarsi troppo delle tante promesse che, in questi giorni, gli fischiano da ogni parte. A cominciare da quelle del governo rilanciate anche l’altro giorno dal ministro Padoan.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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