Privacy, il Tar dà torto all’ospedale San Carlo

Una signora ancora giovane che si presenta al pronto soccorso dell’ospedale San Carlo con dolori all’addome e difficoltà respiratorie: e che muore quarantott’ore dopo il ricovero senza che i medici riescano a capire né tantomeno a intervenire. Era l’estate scorsa, e da allora il marito di D.M. cerca di sapere cosa è accaduto, ma si scontra con il rifiuto dell’ospedale di fornire tutte le carte per rispetto della privacy di medici e infermieri.
Tre giorni fa il Tar della Lombardia con una sentenza dà ragione all’uomo e sancisce un diritto importante: le esigenze di riservatezza del personale non possono essere una scusa per impedire ai familiari di una scomparsa di sapere la verità.
L’autopsia rivelò che la signora D.M. era in una situazione assai critica: una massa tumorale di cui non conosceva l’esistenza aveva provocato un embolo. Come fu possibile che nessuno se ne rendesse conto? Davanti alla richiesta del marito, l’ospedale San Carlo si è limitato a consegnargli copia della cartella clinica.
Troppo poco, ha risposto l’uomo: e ha chiesto di conoscere anche il registro delle consegne infermieristiche, il prospetto di turnazione dei medici del pronto soccorso e del reparto di ginecologia, gli ordini di servizio del personale medico ed infermieristico. Risposta dell’ospedale: «Consegniamo questi documenti solo se ce li chiede la magistratura».
Ma il marito di D.M. si è rivolto al Tribunale amministrativo, chiedendo che il San Carlo venisse obbligato a consegnare i documenti.


E il Tar ha riconosciuto il suo diritto non solo a conoscere «gli interventi praticati sulla degente, ma anche la possibilità di comprendere se gli interventi effettuati dal personale medico ed infermieristico siano coerenti con gli ordini di servizio e con le consegne lasciate dal personale concretamente intervenuto».

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