Prodi mette in naftalina i ministri lombardi

Prodi mette in naftalina i ministri lombardi

Sabrina Cottone

A sinistra sono mugugni sottovoce, nel centrodestra grida di dolore. Con accenti e sfumature diverse, è grande la sorpresa per la scomparsa di Milano dalla geografia politica del Paese. Con Berlusconi i lombardi al governo erano otto, nel governo Prodi si è trovato posto per un solo ministro milanese, la diessina Barbara Pollastrini, alla quale è stato concesso un dicastero senza portafoglio (e senza troppo peso) come le Pari opportunità. E poiché la neo ministro è una signora, viene il fondato sospetto che il presidente del Consiglio abbia preso due piccioni con una fava, tutelando in un colpo solo due categorie protette e a rischio di estinzione: i lombardi e le donne.
È chiaro che chi diventa ministro giura di servire la Repubblica italiana e non la regione di provenienza, ma in tempi in cui si discute di questione settentrionale, non facilita la soluzione del problema l’assenza dal governo di personalità che conoscano in prima persona problemi e tensioni della Lombardia. Parla di «tradimento» Letizia Moratti, candidata sindaco della Cdl e ex ministro milanese all’Istruzione. Il vicesindaco, Riccardo De Corato, accusa: «Milano è stata cancellata». E aggiunge una sua interpretazione: «Forse il governo Prodi ha voluto penalizzare gli elettori di Milano e della Lombardia che hanno preferito il centrodestra rispetto al centrosinistra». Mariastella Gelmini, coordinatrice regionale di Forza Italia e neo deputata, è sulla stessa linea: «È una decisione gravissima ma non sorprende, era chiaro fin dal 10 aprile che non c’era nessun feeling tra la Lombardia e il centrosinistra».
Il confronto con il governo Berlusconi è praticamente improponibile.

Al suo debutto, oltre al premier milanese, erano in squadra altri sette ministri lombardi: i milanesi Letizia Moratti e Girolamo Sirchia (Salute), il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti (con natali a Sondrio), il bergamasco Mirko Tremaglia agli Italiani all’estero, il lecchese Roberto Castelli alla Giustizia, il varesino Roberto Maroni al Welfare e il lumbard per antonomasia, Umberto Bossi. Una presenza massiccia che, secondo De Corato, «ha dato rilevanza nazionale a molte questioni milanesi». Il vicesindaco tira fuori i numeri: dal 2001 a oggi sono stati stanziati oltre 440 milioni di euro per Milano.

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