È una giornata ad alta tensione quella tra Romano Prodi e il Parlamento,
quasi nel suo complesso. La scintilla viene accesa in mattinata quando il
premier apre una nuova frontiera della contrapposizione politica,
trasferendo nelle aule di tribunale un duello verbale con Gianfranco
Rotondi. Al segretario della Democrazia Cristiana per le Autonomie viene recapitato un avviso di garanzia in seguito a una querela per diffamazione
presentata da Prodi nel gennaio 2006. L'oggetto del contendere è l'eredità della Democrazia Cristiana e la rivendicazione della titolarità dell'eredità politica della Balena Bianca. Ma è il metodo più che il merito che viene messo in discussione, ovvero, come dice lo stesso Rotondi, il fatto che
Prodi «invece, di confrontarsi politicamente scelga la via della carta
bollata e dell'intimidazione».
L'iniziativa del premier non passa certo inosservata. E tutti i partiti del centrodestra, e non solo loro, si uniscono in un sonante coro di condanna verso Prodi. Il presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione, ad esempio, giudica il presidente del Consiglio «incapace di dare una risposta politica intorno
agli intrighi che vorrebbero propiziare lo scippo del simbolo dello
scudocrociato ai suoi legittimi detentori. Per questo Prodi querela Rotondi contando forse su una riscoperta dell'antico reato di lesa maestà». Un intervento rafforzato dalle parole di Lorenzo Cesa, segretario nazionale
Udc, che fa notare il diverso comportamento di Silvio Berlusconi che non ha querelato Diliberto pur avendo ricevuto accuse ben più pesanti da parte di quest'ultimo. Per la Lega prende la parola Roberto Castelli. «Questa
sinistra, incapace di fare politica, cerca di intimidire attaccandosi a
ipotetici interventi della magistratura» dice il presidente dei senatori del Carroccio. «Capisco Rotondi perchè anche Diliberto cercò di intimidirmi con una querela chiedendomi ben 10 milioni ma fu puntualmente smentito dal
tribunale». An, a sua volta, difende Rotondi con gli interventi di Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri, Francesco Storace, Altero Matteoli e Mario
Landolfi. «Questa vicenda - chiosa il presidente della Vigilanza Rai -
conferma che il premier gronda buonismo da tutti gli artigli». Ferma anche la risposta di Forza Italia che scende in campo con Paolo Bonaiuti, Renato
Schifani, Elio Vito mentre il coordinatore Sandro Bondi parla apertamente di
«sgomento» per gli strumenti polemici usati da Prodi. Contro il premier si schiera anche l'ex dipietrista Sergio De Gregorio. E anche un esponente
dell'Unione come Daniele Capezzone definisce la querela «sconcertante» e
«non solo per la tentazione di risolvere un dibattito tutto politico con qualche scorciatoia giudizial-intimidatoria». Ma anche perché «Rotondi è un
parlamentare di centrodestra che ha confermato di voler aprire sui Dico: vogliamo alzare una barriera di incomunicabilità proprio con lui?». La raffica di dichiarazioni polemiche, insomma, si allarga alla stessa coalizione di cui è leader il Professore. Un fuoco di sbarramento che induce
Prodi a fare un passo indietro.
presidente del Senato, Franco Marini. «Ho sentito Prodi - dichiara il
segretario della Dca - e ci siamo chiariti. Prodi mi ha detto che rimetterà la querela sporta contro di me».
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