Il prof che sale in cattedra per esaltare i terroristi: «Sublime 11 settembre»

C he tristezza. Passa perfino la voglia di fare dell’ironia, dopo aver letto l’articolo di Franco Piperno dedicato all’11 settembre e pubblicato ieri dal Quotidiano della Calabria. Già il titolo fa cascare le braccia: Gli aerei contro le torri. Un evento dalla bellezza sublime. Oddio, vien da pensare, ecco un altro che discetta di estetica di fronte a un’aggressione costata migliaia di vittime innocenti. Per simili ciniche banalità, bastava e avanzava il compositore Stockhausen. Per sovvertire la realtà dei fatti e cercare di rivivere «i fasti» della lotta armata con la scusa di ricordare le Twin Towers, era invece necessario Piperno, fondatore e leader con Toni Negri di Potere Operaio, a lungo latitante in Francia e ora professore di Fisica della Materia presso l’università della Calabria.
Il professore, dunque, sale in cattedra e spara una raffica di corbellerie. L’americano medio, pontifica Piperno, ha avuto una (giusta?) lezione «perché è giunta per lui la morte, la fine dell’immunità dalla strage che cala sibilando dagli spazi aerei, privilegio di cui gode tempo». Insopportabile, per l’ex sessantottino, la retorica americana post attentato, con «il fatale eroismo del solito pompiere raccontato dall’immancabile collega sopravvissuto». L’ideologia ha avuto il sopravvento, osserva Piperno: perché nessuno dice a chiare lettere che gli americani, a partire da Dresda e Hiroshima, devono saldare un debito con la morte? Siamo alla contabilità del male; tocca leggere frasi di questo tenore: «Per quanto la riguarda la guerra di Bush, siamo a un rapporto di cento a uno; nettamente meglio di quanto fossero riusciti a fare i nazisti, che nella rappresaglia si fermavano, si limitavano dieci a uno». Per non dire degli ebrei, «per ogni israeliano ucciso vengono condannati almeno mille palestinesi». Su questo tema, Dostoevskij ha scritto un romanzo, I fratelli Karamazov, arrivando alla conclusione, la faccio breve, che chi contabilizza il male è disumano. A Piperno non sarà piaciuto. Chissà se l’avranno letto, e cosa ci avranno capito, i kamikaze guidati da Mohamed Atta, definiti dal nostro cattivo maestro «un pugno audace di intellettuali». Intellettuali? Ma certo: «Alcuni di loro avevano perfino superato l’esame di fluidodinamica».
Piperno mostra una struggente nostalgia di un passato, il Sessantotto e gli anni di piombo, che la maggioranza degli italiani spera archiviato.

L’11 settembre segna la fine di un’epoca e l’inizio della successiva «a dispetto delle tante anime belle quanto degli ipocriti che hanno sentenziato prematuramente l’impotenza controproducente della violenza collettiva». Viva la violenza collettiva. Così parlò il ribelle foraggiato dall’università pubblica dell’odiato Stato borghese.

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