È il Professore che non va in tv

Il punto è che Berlusconi è sempre in tempi e in luoghi che potrebbero anche non piacere, ma che guardano a un futuro che il nostro ritardo culturale fatica sempre a riconoscere. È dal 1994 che il Cavaliere viene sfottuto per tutte le modalità di comunicazione che tutti sono poi costretti a scimmiottare: il presenzialismo televisivo di questo periodo è solo un capitolo del percorso. La domande sono: il futuro appartiene ai Prodi o ai Berlusconi? I venturi scenari della comunicazione politica e mediatica, le venture campagne elettorali, guardano più agli Usa o a Reggio Emilia? Il candidato di centrosinistra del futuro, per dire, potrà ancora lavorare per sottrazione come Prodi, occuparsi di pullman e maratone, sostanzialmente disdegnare l’agone televisivo e le sue imprescindibili regole? Risposta scontata. Come in tutto l’Occidente, quell’Occidente almeno che ci precede di un passo, non c’è futuro leader che in campagna elettorale non cercherà di andare in televisione semplicemente tutte le volte che può: futuro e presente passano dalla maledetta scatola catodica e derivati, il forcing di Berlusconi non è granché rispetto a quanto fanno altrove.

D’accapo, quindi: 1) il Cavaliere fa delle cose; 2) parte della sinistra e della destra si scandalizza, strepita, non comprende; 3) parte della sinistra e della destra allora sovraespone la sua sovraesposizione, pensando con ciò di fargli danno; 4) lui raccoglie.

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