
Nell'occasione della recente riedizione rivista e ampliata del suo libro Céline e la Germania per la Société des Lecteurs de Céline la nuova documentazione sarà pubblicata in Italia a cura di Andrea Lombardi Marc Laudelout, editore del Bulletin célinien, ha incontrato il filosofo, saggista e giornalista Alain de Benoist, che è anche un céliniano di vaglia, come prova la sua notevole bibliografia su un soggetto che studia da decenni. Ne diamo qui uno stralcio.
A che età ha letto Céline per la prima volta, e di che libro si trattava?
"Ho scoperto Viaggio al termine della notte all'età di sedici anni e mezzo. Le mie agende, che ho fatto digitalizzare, mi permettono di darle anche la data precisa: il 6 e 7 luglio 1960 (avevo dedicato i due giorni precedenti alla lettura de I Proscritti di Ernst von Salomon). Inizialmente la mia reazione era stata di stupore, la sensazione di trovarmi davanti a un oggetto letterario non identificato. Non avevo mai letto niente del genere, ma presentivo che si trattava di una rivelazione importante, senza dubbio di importanza capitale. C'erano sicuramente lo stile, la lingua, la petite musique, ma anche l'atmosfera e quello che si può senz'altro definire la visione del mondo. Qualche settimana dopo, Morte a credito mi convinse definitivamente, ancor più che il Viaggio, potrei dire. D'altra parte, non mi sono mai definito un céliniano, ma di fatto mi occupo di Céline da ormai sessantacinque anni".
In che modo Céline è secondo lei uno scrittore visionario?
"Ho l'impressione che Céline abbia previsto tutto quello che oggi vediamo accadere attorno a noi. La grande dissoluzione, la grande decostruzione, il precipitare nell'abisso, il caos crescente. Previsto è forse un termine troppo forte. Diciamo percepito o fiutato Diciamo che Céline non sarebbe rimasto stupito della china che abbiamo preso. Ancor meno dal momento che verso la fine della sua vita aveva l'abitudine di prevedere il peggio. Si potrebbe dire che giocava facile (le Cassandre sono sempre a buon mercato). Ma l'ottimismo infantilmente entusiasta lo è ancora di più".
E l'uomo invece?
"Ci sono degli aspetti di Céline che non mi piacciono. La sua ossessione per il denaro, il suo perenne piagnucolare, i suoi giudizi ingenerosi su coloro che avevano pagato il loro impegno (nella Collaborazione, ndr) in modo ben più tragico che nel suo caso, il suo gusto per l'insulto, anche se la sua corrispondenza con Gaston Gallimard almeno muove spesso al riso. Si può benissimo giustificarlo sinché si vuole. Ma è una questione di carattere: i rancorosi perenni mi stancano velocemente. Preferisco mantenermi su una linea più sobria: never complain, never explain".
Lei ha scritto una importante bibliografia di Céline. Cosa ha appreso da questo lavoro per quanto concerne l'evoluzione della ricezione critica della sua opera in Francia e nel mondo? Le sembra che vi sia stato negli ultimi anni un certo riflusso nelle tesi universitarie dedicate a Céline?
"Sì, da qualche anno è evidente un riflusso in materia di lavori accademici universitari, quantomeno in Francia. Il contrasto con gli anni '90, dove si contavano per ogni anno una ventina abbondante di lavori universitari su Céline, è impressionante. Il fenomeno non si spiega con un effetto di saturazione, ma per un inasprimento del sistema della censura (e della autocensura): scegliere di dedicare una tesi di dottorato a Céline equivale oggi a rischiare conseguenze pesanti sulla propria futura carriera. Interessarsi a Céline è sospetto. Meglio lavorare sul punto e virgola come operatore e simbolo della transessualità in Judith Butler! Dal punto di vista dell'ideologia woke e della teoria di genere, Céline tocca tutti i casi che è meglio non toccare Tuttavia, per quanto riguarda i libri, non si nota alcun riflusso, possiamo constatare che annualmente esce ogni mese più di un libro nuovo su Céline".
A parte le biografie, quali sono i libri su Céline che considerate importanti o originali?
"I libri su Céline possono essere raggruppati in quattro o cinque categorie principali: le grandi biografie (François Gibault, Henri Godard), le testimonianze, gli studi prettamente stilistici o letterari, i saggi su Céline e la letteratura célinofoba (in totale più di 650 titoli!). Nelle prime quattro, si trova un po' di tutto. Mi trovo a mal partito nel fare una classifica dei migliori, ma in questi ultimi anni ho molto apprezzato il libro di Véronique Chovin su Lucette, quello di Yannick Gomez su Céline e Beethoven, quello di Gaël Richard su Céline in Bretagna, il Avez-vous lu Céline? di David Alliot e Éric Mazet, risposta al controverso Céline, la race, le Juif di Pierre-André Taguieff e Annick Duraffour, per citare qualche esempio. È poi ovviamente indispensabile la lettura de L'Année Céline. Mi ha poi molto colpito il libro di Jean Monnier su Elizabeth Craig. Attraverso la narrazione di questa avventura amorosa ben conosciuta da tutti i lettori di Céline, ritrovo il Céline che preferisco, quello che amava le donne, la musica e i gatti e la gente da poco. Inoltre, ammiro molto tutto quello che fa in Italia Andrea Lombardi".
In un articolo su I paradossi della Collaborazione (Éléments, marzo 2001), lei ricorda come le autorità del III Reich non hanno favorito la traduzione in tedesco dei principali scrittori fascisti francesi, e lo stesso Céline fu osteggiato perché il suo Viaggio al termine della notte fu visto come pacifista e nichilista e posto nel 1935 assieme a Morte a credito tra i libri proibiti in Germania. I suoi pamphlet furono giudicati isterici e volgari; la traduzione di Bagatelle per un massacro fu pesantemente censurata e pubblicata da una casa editrice minore.
"Sui 235 libri di autori di lingua francese tradotti in Germania sotto il III Reich tra il 1933 e il 1939, notiamo in effetti che non vi figuri alcun fascista, con la sola eccezione di Brasillach e di Alphonse de Châteaubriant. L'autore francese più tradotto fu Jean Giono (12 prime traduzioni), seguiti da Octave Aubry, Guy de Pourtalès, Saint-Exupéry e Jules Romains. Sotto l'Occupazione vi sono anche delle traduzioni di Benoist-Méchin, Georges Blond, Alfred Fabre-Luce e Bertrand de Jouvenel. Ma, per esempio, non fu tradotto nessun libro di Drieu la Rochelle o di Rebatet! Questo fatto, poco noto, trova a mio parere una spiegazione per una mancanza d'interesse per l'opera politica degli autori della Collaborazione, ragione per la quale a essere proposte al pubblico tedesco furono piuttosto le loro opere storiche o letterarie. È parimenti significativo che non furono tradotti neanche i pamphlet antiebraici degli antisemiti francesi. Chiaramente, tutto ciò era ritenuto di scarso interesse".
Quali sono gli scrittori francesi del XX secolo che hanno avuto una importanza paragonabile a quella di Céline?
"Non ne vedo che tre: Proust, Montherlant (che Céline detestava) e Paul Morand".
Traduzione di Andrea Lombardi