Proiettili al "Giornale" Minacce ai Berlusconi

In redazione arriva un plico con due pallottole e un messaggio estremista di un presunto gruppo musulmano. Nel mirino il leader di Forza Italia e il fratello Paolo. Nel volantino il nostro quotidiano è accusato di offendere l’islam. La serenità del capo dell’opposizione: "Vado avanti"

Proiettili al "Giornale" Minacce  ai Berlusconi

«E così siamo a quaranta». Quaranta? «Sì, eravamo a 39. E con questa siamo arrivati a 40». Quando gli parliamo della lettera con i proiettili e le minacce appena arrivata al «Giornale», Silvio Berlusconi tenta per un attimo l’aritmetica dell’odio. Ma poi, sull’argomento, taglia corto: «Sono esposto, lo so. Ma non rinuncio a stare in mezzo alla gente. Non posso rinunciare».
La busta gialla con regolare affrancatura e timbro del centro smistamento di Peschiera Borromeo, è arrivata alla nostra redazione di via Negri a Milano alla solita ora, con il solito giro di posta. Erano le 11 passate da un pezzo. I bossoli erano incollati con nastro adesivo all’interno. Ad aprire il plico è toccato ancora una volta al nostro Valerio, della segreteria di redazione, che poche settimane fa aveva già avuto fra le mani i proiettili destinati a Visco, Bersani e Padoa-Schioppa. I colleghi ormai lo prendono in giro: «Ti assumeranno come artificiere».
Si scherza, si stemperano i toni. Ma vedere quei bossoli sul tavolo di un giornale fa sempre un certo effetto. Fra l’altro questa volta non ci sono frasi troppo strampalate. Piuttosto, una minaccia precisa, che riguarda direttamente anche il nostro editore: «Queste due pallottole a salve sono il preavviso per i fratelli Berlusconi, una per Silvio e una per il fratello Paolo, responsabili delle porcate che scrivono sul Giornale e della loro politica anti-Islam».
Il messaggio, scritto a macchina (a differenza dell’indirizzo sulla busta, che è scritto a mano) è lungo solo 10 righe. Tre periodi, più uno slogan finale: «Allah è grande». «Alla prima occasione propizia», dice, «con o senza predellino, faremo come hanno fatto in Pakistan con la Bhutto: un colpo con pallottole vere in testa e poi un kamikaze, all’italiana, per essere certi della loro scomparsa da questo mondo. Le guardie del corpo e i servizi di sicurezza non potranno fermarci perché non siamo prevedibili».
Sono davvero minacce islamiche? Noi abbiamo chiamato la Digos, gli esperti stanno analizzando il tutto, il dipartimento antiterrorismo indagherà e saprà dirci. Da profani, ci permettiamo due piccole osservazioni. La prima: la busta è indirizzata al «Giornale Nuovo», il nome con cui il nostro quotidiano fu chiamato al momento della fondazione. Davvero viene naturale oggi a un terrorista islamico recuperare dall’archivio l’antica testata in formato anni Settanta?
Seconda osservazione. Fra una Bhutto e un kamikaze spunta fuori il «predellino», chiaro riferimento alla svolta impressa da Silvio Berlusconi alla politica italiana in piazza San Babila, dicembre 2007. Ma che c’entra il predellino con il presunto anti-islamismo del Giornale? Perché citarlo lì? Allah è grande, il sospetto, in questo caso, anche un po’ di più...
Ma forse ci stiamo ponendo fin troppe inutili domande. Siamo sempre stati e rimaniamo dell’idea che non bisogna dare spazio più di tanto ai cretini, anche perché, come abbiamo visto in queste settimane, i cretini sono peggio della Settimana Enigmistica: vantano il maggior numero di imitazioni. E quanto il numero aumenta a dismisura, cresce il pericolo di trovare qualcuno che si prenda sul serio, magari passando dai proiettili imbustati a quelli che volano.
Per fortuna in questi casi la politica dà, doverosamente, il meglio di sé. A Silvio e Paolo Berlusconi è arrivata, fra gli altri, anche la solidarietà di Palazzo Chigi, dei presidenti di Camera e Senato, e del leader del Pd Veltroni. Ci aggiungiamo la nostra. E poi ringraziamo naturalmente tutti quelli (e sono tantissimi) che hanno voluto esprimere solidarietà direttamente alla redazione del Giornale: ci ha telefonato persino il ministro Pecoraro Scanio, che in questi giorni non stiamo trattando troppo bene. Quella telefonata gli fa onore, al di là del fatto che noi continuiamo a pensare che debba dimettersi.
Naturalmente un grazie anche a voi lettori, che come al solito ci avete subissato di messaggi d’affetto. Se fra di noi fossero d’abitudine retorica e vittimismo, saremmo qui a cercare proclami. Sappiamo che non ce n’è bisogno.

Il Giornale non si è fatto intimidire quando i proiettili furono sparati davvero nelle gambe del suo direttore, Montanelli. Figurarsi se oggi possiamo anche solo esitare di fronte ai proiettili di carta di questi cretini. Ci dicono che i cretini vanno presi sul serio. Va bene. Ma una bella pernacchia no?
Mario Giordano

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