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Pronta una task force contro gli evasori all’estero

RomaIn settembre, appena terminata la pausa ferragostana, sarà creata una «unità speciale» per il contrasto all’evasione fiscale di tipo internazionale, una task force che vedrà impiegati insieme elementi dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Lo dice Luigi Magistro (nel tondo), direttore dell’accertamento dell’Agenzia, l’uomo che dirige e coordina l’intera attività anti-evasione. Col Giornale, Magistro parla di questa estate caldissima sul fronte del fisco e della lotta agli evasori, di cui si incominciano a vedere i primi frutti grazie a un intenso lavoro politico - quello del ministro dell’Economia Giulio Tremonti - in tutte le sedi internazionali; e di un non meno intenso lavoro di intelligence, con la lista dei 170mila nomi che hanno omesso di compilare i dati sulle attività estere detenute, e con gli accertamenti in atto su 500 posizioni sospette in Liechtenstein.
«In questo momento - spiega Magistro - stiamo concentrando la nostra attenzione sull’evasione fiscale internazionale. Si tratta di un’analisi molto approfondita di molte situazioni in cui sospettiamo artifizi per nascondere i frutti dell’evasione». Nel mirino tutti i cosiddetti «paradisi fiscali», Paesi in cui la tassazione, in particolare l’imposta sul reddito, è più bassa (in alcuni casi inesistente) che in Italia. Si tratta di Paesi che sono sulla «lista nera» dell’Ocse, Paesi con cui non c’è alcuno scambio di informazioni. «Teniamo d’occhio in modo specifico tutte le movimentazioni verso quei Paesi. E se poi c’è addirittura uno spostamento di residenza, allora le verifiche si intensificano». In quest’ultimo caso, «la parte del leone - spiega Magistro - la fa la Svizzera, tradizionale rifugio per moltissimi nostri connazionali, un bacino molto grande su cui stiamo lavorando con l’attenzione del caso», cercando di separare il grano dal loglio, cioè le posizioni legittime da quelle sospette.
Ma come procedono gli «007» del Fisco? «L’analisi del rischio è il cardine della lotta all’evasione: di fronte a ciascuna singola posizione dobbiamo cercare di capire in quali ci può essere un rischio di evasione. Per esempio, il lavoratore dipendente che sposta la residenza è a rischio molto basso, ma se invece si tratta di un cantante o di un artista, allora il rischio è molto alto. Ma non possiamo escludere che il dipendente sia soltanto un prestanome. L’analisi del rischio è un’arma che stiamo sfruttando molto».
Batti e ribatti, alla fine è sempre la Svizzera che spunta quando si parla di evasione. I rapporti con la Confederazione, gelosissima da sette secoli del proprio segreto bancario, non sono mai facili. «Con Berna - spiega il direttore dell’accertamento - ci sono accordi contro la doppia imposizione, alla cui base c’è lo scambio di informazioni. Se il contribuente italiano gestisce attività in Svizzera, devo chiedere informazioni a loro, in base agli accordi internazionali». In base alla direttiva Ue attualmente in vigore, la Confederazione mantiene il segreto sui clienti delle banche applicando una ritenuta fiscale (ora il 20%) che viene trasferita al Paese d’origine, garantendo l’anonimato. L’Italia è in testa alla classifica dei versamenti, e anche questo vorrà pur dire qualcosa. Qualcosa si sta muovendo nei rapporti con Berna? «In questo momento non ci sono sviluppi, ma li aspetto: la situazione può diventare molto pesante per la Svizzera a causa dell’accresciuta consapevolezza internazionale sulla questione dell’evasione fiscale. E quando scendono in campo Stati Uniti e Inghilterra (i primi nel caso Ubs, la seconda con il Liechtenstein), le cose si muovono in fretta».
Con gli altri «paradisi fiscali», come le isole Cayman o altri micro-stati, lo scambio di informazioni è nullo. «Ma noi - afferma Magistro - in questi casi puntiamo molto sulle norme che sono state varate con l’ultima manovra: i capitali non dichiarati che si trovano nei Paesi della lista nera dell’Ocse saranno automaticamente considerati frutto di evasione fiscale, e colpiti molto duramente. Toccherà al contribuente l’onere della prova, dimostrare cioè che non si tratta di capitali frutto di evasione. Per noi un deposito in conto corrente è evasione, salvo prova contraria. E le sanzioni in questi casi sono pesantissime, fino a quattro volte l’imposta evasa. A livello di deterrenza queste disposizioni potranno fare molto». Questo è il nostro obiettivo: fare deterrenza, prima della repressione. La gente deve capire che l’obbligo fiscale va rispettato seriamente».
I primi risultati di questa strategia sul fronte internazionale sono nelle cifre rese note ieri dalla Finanza: 3,3 miliardi di euro scovati nei primi sette mesi di quest’anno, un terzo dei quali (1,1 miliardi) era finito nei paradisi fiscali.


E in settembre il contrasto all’evasione internazionale, la raccolta di informazioni utili all’individuazione di illeciti si intensificheranno, con la creazione della task force composta da uomini delle Entrate e della Finanza che, ribadisce Magistro «lavoreranno fianco a fianco in un’alleanza per noi strategica».

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