Prosseda, in primo piano il pianoforte

Roberto Prosseda è un raddrizzatore di torti. E in particolare di quelli subiti da Felix Mendelssohn, il compositore che per quel suo stile levigato, fatto di equilibrio e compostezza, spesso è stato tacciato di superficialità e spirito conservatore, bollato come un classico di maniera, piacevole e brillante. Prosseda, pianista di latina, classe 1975, sta dimostrando sul campo che non è così. Oltre ad aver riletto il capitolo ufficiale di Mendelssohn, sta ora riscattando dal buio partiture di cui si ignorava o misconosceva l’esistenza. A Prosseda fa capo la collana di venti e passa prime assolute mendelssohniane, due CD Decca con brani pianistici di Mendelssohn mai incisi prima. L’ultimo nato è il «Mendelssohn Discoveries Tour», un progetto concertistico, ideato da Roberto Prosseda e dal violinista Fabrizio von Arx, che prevede la prima esecuzione di inediti di Mendelssohn in sale di classe come la Philharmonie di Berlino, Wigmore Hall di Londra, Oriental Arts Centre di Shanghai. Quanto all’Italia, il progetto è stato raccolto al volo dalle Serate Musicali che ne hanno ricavato due appuntamenti: in Conservatorio stasera (alle 21) e al Dal Verme venerdì, ore 21. Prosseda si alterna al violinista Fabrizio von Arx, mentre sul podio dei Berliner Symphoniker c’è Lior Shambadal. Oggi si assisterà alla prima esecuzione italiana del Concerto inedito in mi minore (1842-44) per pianoforte e orchestra ricostruito da Marcello Bufalini, segue la prima versione del Concerto in mi minore per violino e orchestra. Domani si ascolterà il Doppio Concerto in re minore per violino, pianoforte e orchestra nella versione con fiati e timpani. La curiosità si concentra sul Concerto pianistico, partitura solo sbozzata da Mendelssohn e che nel catalogo dell’autore è preceduta dai Concerti pianistici op.25 e op.40.
Cosa ci anticipa di questo Concerto e come si pone rispetto agli altri due pianistici di Mendelssohn?
«Lo considero la summa, concilia il virtuosismo dell’op. 25 con la musicalità più matura dell’op.40. È molto vicino al Concerto violinistico con cui condivide l’ampia varietà emozionale, l’affiorare di zone oscure e un senso di malinconia».
Sta già pensando a una registrazione?
«Ci sono progetti con la Decca, ma al momento la cosa pressoché certa è solo l’incisione dell’integrale delle Romanze senza parole».
Anche il direttore d’orchestra Riccardo Chailly, a Lipsia, sta lavorando al Mendelssohn meno noto. Le vostre vie sono forse destinate a incontrarsi?
«Mi limito a dire che è stato così gentile da telefonarmi e incoraggiarmi per il debutto del progetto, l’11 febbraio a Berlino. Stimo molto Chailly, non potrei che essere onorato dal trovarmi al suo fianco».
Ora l’attende la Cina. Cosa ne pensa del “mercato” musicale d’Oriente?
«Ho suonato in Cina già tre volte.

Quello che mi colpisce è la grande passione dei giovani, nelle sale l’età media varia dai 15 ai 20 anni. Altra cosa particolare è la logica con cui lì si combinano i cartelloni, la classica si avvicenda al pop, rock, etnico, certo per loro anche la nostra musica è esotica».

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