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La provocazione: il mandante sono io, promosso a spia del Vaticano

Ho fatto carriera. Finora pensavo di essere del Sismi, o magari della Cia, in fondo faccende mondane. Invece adesso scopro di essere dei servizi segreti del Vaticano, un agente trascendentale, una betulla meglio dell’albero di Natale. Troppa grazia. Potrebbe essere un’idea però. Farei rapire vescovi eretici invece di imam; finora mi vantavo di aver difeso l’Occidente, adesso eliminerei come nel Codice da Vinci i prelati ostili alla causa compresi i direttori di quotidiani episcopali in odore di turbative sessuali. Fantastico. Bellissimo. (Preciso che trattasi di ironia, o forse di sarcasmo. Comunque è una balla gigante).

Mi spiego.
Sostiene Il Riformista che sono io il vero autore dello sconquasso più grande mai cascato addosso alla Santa Chiesa dal tradimento di Giuda in poi. Betulla come Giuda, più o meno, avrebbe venduto Boffo-Nazareno a Caifa-Feltri. Come se fosse il brano di Vangelo sull’Ultima cena, dove Gesù allude pesantemente all’Iscariota passando il proprio boccone al Traditore, Tommaso Labate analizza la prosa di Dino Boffo per sorprendervi allusioni, parabole, citazioni profetiche, e conclude: il direttore di Avvenire indica senz’altro Farina. È lui «la manina». In realtà Boffo scrive «il volpone e la volpina». Un animale di bosco che si aggirava per il Meeting vantando la prossima aggressione. (Ovvio che non sia vero, non ne sapevo un bel nulla di quanto avrebbe pubblicato Feltri).

Il Riformista rintraccia anche il movente. Movente doppio. Uno: rispetto a Boffo sarei di un’altra parrocchia: «I due non si amano, si odiano». Dunque, l’odio. Qui sono grato: almeno qualcosa di forte in quest’epoca di pensieri leggerini. Labate è un crescendo: Betulla, odio, a un cero punto scrive tra virgolette «l’assassino è il maggiordomo», cioè io. Secondo movente: una specie di giuramento di sangue. Dice Il Riformista che «chi mi conosce bene» riferisce una mia promessa: «Difendere il Cavaliere in tutte le occasioni... Proprio tutte». Poi sarei io a confezionare le veline, le informative, a indagare tra anonimi. Poi dicono che sono io la spia.

A questo punto, visto che Boffo attentissimo a chi interpreta i suoi testi, non ha dettato smentite, e dunque dichiara l’interpretazione del Riformista autentica, mi domando. 1) Il presidente della Conferenza episcopale non pensa che la mia modesta persona sia oggetto di «un attacco disgustoso» e che le allusioni del direttore siano esse sì, come dice il vescovo di Mazara del Vallo, un tantinello «mafiose»? Sono battezzato e cresimato. I vescovi hanno un elenco di persone da tutelare e le altre sprofondino pure? Lo so. Io sono un pregiudicato, ho patteggiato sei mesi per favoreggiamento, mi ostino a ritenere la verità processuale diversa però da quella storica. Forza Dino, io ho spiegato tutto in un libro, Alias agente Betulla, che nessuno ha recensito ma di cui nessuno (nessuno, zero) ha potuto smentire neanche un rigo. Fallo anche tu, Dinetto.

Quanto al Riformista. Il quotidiano per arrivare a eleggermi capo dei servizi segreti vaticani parte da un dato che valuta certo: l’incartamento giunto a Feltri parte dalla Curia romana, e cita Dagospia a conferma. Nessuna smentita. Feltri allora ripete ieri a Radio Uno questa «notizia» e allora la Sala Stampa vaticana si sveglia e lo smentisce. Una vendetta di angeli decaduti?
Intanto i campioni di killeraggio fan la morale a Feltri. Giuseppe D’Avanzo con il suo direttore Ezio Mauro. E ancora, Maria Novella Oppo dell’Unità. Questa gente ha ucciso a parole le persone più deboli e sole, sbattendole fuori dal contesto umano. Due perle. D’Avanzo, Repubblica, 5 giugno 2007, prima pagina. L’oggetto dell’attacco è il potentissimo Pio Pompa, un ercole, vero? Scrive così: «La cultura della vergogna, avrebbe dovuto imporre al ministro l’esclusione del funzionario infedele dall’ambiente professionale e sociale di appartenenza. Non è avvenuto».

Una settimana dopo il ministro Parisi obbedisce al killer: a casa Pompa, il quale ha il casellario giudiziario, come risulta dagli atti, vuoto, e non ha subito alcuna condanna. Maria Novella Oppo, 8 luglio, l’Unità, prima pagina: «Un tale Pio Pompa che già nel nome confessa l’intreccio tra l’anima e il porco».

Lo so che nominare Pio Pompa suscita volta a volta ilarità e disprezzo, nessun vescovo lo ha mai tutelato, si accontenti di Betulla.

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