Daniel Busetti è un nome che graffia le nostre coscienze. Daniel è il ventenne di Bergamo che il mese scorso - disperato per aver causato un incidente stradale - è fuggito per giorni senza meta, fino a morire di freddo in un bosco. Era sotto choc Daniel: credeva di aver causato una strage, invece nessuno si era fatto male. In tanti hanno tentato di trovarlo per dirglielo. Invano. Un po’ per negligenza, un po’ per disorganizzazione nelle ricerche. Fatto sta che, la verità, non l’ha mai saputa, rimanendo convinto di essere un assassino del volante; Daniel non è sopravvissuto a un rimorso che non aveva motivo di essere, sopraffatto dal senso di colpa: una colpa che lui riteneva pesantissima, ma che in realtà pesava come una piuma.
Ieri stessa tragedia nel profondo sud, a Palermo. Mario Parisi, 21 anni, barista, ha appena investito con la sua Smart un bambino. Lui non si ferma, butta un occhio su quel corpo steso per terra, pensa che per il piccolo non ci sia più nulla da fare. Qualche minuto dopo parcheggia la sua auto e si getta dal ponte Corleone. Lui muore, mentre il bambino investito viene ricoverato in ospedale, da dove sarà presto dimesso.
Anche quella di Elisa Benedetti, 25 anni - la ragazza di Perugia trovata morta vicino al luogo in cui aveva lasciato la macchina dopo un tamponamento - è una tragedia legata in qualche modo allo choc per un incidente stradale dopo il quale nella testa di Elisa è scattato qualcosa di imponderabile.
E proprio per evitare che drammi come quello di Daniel, Mario e Elisa (e molti altri) possano ripetersi, si stanno sviluppando in molti pronto soccorso ospedalieri appositi «sportelli d’ascolto» per l’assistenza psicologica dei giovani che hanno appena causato un incidente stradale. Avere infatti, nell’immediatezza del sinistro, la possibilità di essere assistiti da un professionista in grado di far «metabolizzare mentalmente» la gravità dell’evento, può risultare determinante. Lo stato confusionale che caratterizza il responsabile della «sindrome da sinistro» raggiungere spesso livelli altissimi e - come insegnano le terribili vicende di Daniel, Mario e Elisa - può portare a inconsulti gesti di autolesionismo.
In questa materia va segnalato come modello-pilota il progetto di ricerca-intervento chiamato «Dillo a me! Uno sportello d’ascolto psicologico per i giovani incidentati afferenti al pronto soccorso di Arezzo» è stato realizzato dall’associazione «L’ARete», in collaborazione con il Dipartimento emergenza urgenza, l’Educazione alla salute dell’Az. Usl 8 di Arezzo e il Centro di documentazione e ricerca del Sert di Arezzo.
Il progetto ripropone il modello di ricerca-intervento utilizzato già dal 2002 presso il pronto soccorso dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma dal gruppo di lavoro coordinato dalla professoressa Paola Carbone, responsabile del «Laboratorio di prevenzione: i giovani e gli incidenti» della facoltà di Psicologia 2 dell’università «Sapienza» di Roma.
I dati della statistica sanitaria evidenziano che il Pronto Soccorso è uno dei servizi medici più utilizzati dalla popolazione giovanile soprattutto a causa dell’elevata incidentalità stradale e dei traumi che ne conseguono: il 30% degli accessi totali al pronto soccorso riguarda i giovani di età compresa tra i 14 e i 24 anni ed i traumi da incidenti, nella stessa fascia di età, rappresentano il 70% del totale.
Da un indagine sulle statistiche nazionali, emerge che nonostante le importanti misure protettive e le sanzioni introdotte, nella fascia d’età 15-24 anni ogni anno a causa di incidente stradale si verificano più di mille morti e più di 80 milaferiti1 (Istat, 2008).
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