
"È un soggetto incline alla violenza (...). Sussiste il rischio che commetta nuove reati analoghi a quello per cui si procede e gravi reati contro la persona. La lite e il successivo accoltellamento sono scaturiti per motivi banali".
Questa la motivazione che ieri mattina ha avanzato il gip Alberto Carboni per convalidare la misura dell'arresto in carcere per il pregiudicato ecuadoriano Bryan Josè Vera Siguenza, 30 anni, disoccupato, accusato di aver ucciso sabato sera il connazionale e cognato Jefferson Gabriel Garcia Jimenez, ex marito della sorella, dopo una discussione avvenuta in strada, all'angolo tra piazzale Ferrara e via Mompiani, al Corvetto. Vera Siquenza aveva assicurato ai carabinieri del Nucleo Radiomobile - che l'altra sera lo hanno arrestato mentre, subito dopo l'omicidio, si nascondeva all'interno di uno stabile della zona, in via Mincio - di aver eliminato il cognato durante una lite al solo scopo "di salvare" la sorella. Poco dopo sarà proprio la donna ad assicurare agli investigatori dell'Arma che l'intervento del fratello - fidanzato con la sorella del morto, da cui ha avuto un bimbo - "non era necessario".
L'omicidio è avvenuto davanti a una delle figlie del morto. Una scena agghiacciante quella della bambina testimone oculare dell'assassinio del padre.
È stata lei, che pregava lo zio di smettere di infierire sul padre con il coltello, più tardi a indicare la via di fuga dell'assassino ai carabinieri che, giunti sul posto, l'hanno trovato deserto se si eccettua la presenza del moribondo a terra. Assistito dall'avvocato Chiara Penna, Vera Siguenza ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere.