Dal Pulitzer al professore Tutti quelli che si «ispirano»

In Germania non scherzano quando si tratta di proprietà intellettuale. Dopo l’affaire Guttenberg il sito internet «Plagiapedia» vuol dare una bella spulciatina alle tesi scritte dai maggiori politici del Paese: a partire da quella dell’ex cancelliere Helmuth Kohl per arrivare ad Angela Merkel. E c’è chi trema perché a farsi beccare si rischia di doversi dimettere. Ma se in Germania non sembra esserci pietà per il plagiatore, e tutti si sdegnano per l’improprio uso del copia-incolla, nel resto del mondo tocca prendere atto che i famosi che hanno le mani lunghe con gli scritti altrui sono tanti. Per tenerci solo ai casi più recenti e più famosi c’è cascata anche una giornalista da premio Pulitzer: Maureen Dowd. La Dowd nel 2009 è stata beccata ad aver inserito in un suo articolo (è una columnist del New York Times) una frase presa da un articolo di Josh Marshall (meno famosa penna del sito Talking points memo). La Dowd ha negato un plagio ma di fronte all’evidenza della somiglianza tra i testi il quotidiano newyorkese è intervenuto per bocca del suo public editor (che si occupa proprio di scongiurare errori e plagi) per chiedere scusa e mettere i necessari credits. Ma in fondo nel caso della Dowd si tratta di qualche innocua frasetta. Più pesanti le accuse mosse al più noto scrittore vivente di Francia: Michel Houellebecq. Numerosi passaggi del suo ultimo romanzo, La carta e il territorio, presi da Wikipedia. Secondo il sito Slate.fr i paragrafi integralmente copiati corrispondono ad una accurata descrizione della città di Beauvais e altre amenità. Houellebecq ha fatto spallucce e ha ripetuto solo «ridicolo», «ridicolo». La casa editrice Flammarion ha invece prodotto un più diplomatico: «Houellebecq utilizza intere pagine ufficiali come materiale letterario per inserirlo nei suoi romanzi ma dopo averlo modificato» (forse loro un public editor non ce l’hanno). E sempre in Francia nella rete del presunto plagio è finito, questo gennaio, anche il giornalista Patrick Poivre d’Arvor, famoso ex presentatore del telegiornale di TF1. L’accusa lanciata da un collega del settimanale L’Express? Nella sua biografia di Ernest Hemingway, da pagina 25 a pagina 143, sarebbe tutto preso dal saggio dell’americano Peter Griffin. Anche in questo caso è intervenuto l’editore Arthaud. Senza però millantare licenze artistiche: si tratterebbe di un «errore tecnico». In stampa sarebbe andata una scheda di lettura. Molti francesi però non hanno trovato convincente questa versione, forse perché Poivre D’Arthaud nel 1991 ha spacciato all’intera nazione una finta intervista a Fidel Castro.
Per arrivare a qualcuno che abbia ottenuto titoli accademici o una cattedra universitaria con dei testi prodotti con la tecnica del copia e incolla bisogna però tornare in Italia. Il più noto dei nostri besteselleristi-filosofi, Umberto Galimberti, che è stato coinvolto nel più clamoroso caso di «sottrazione intellettuale» degli ultimi anni. Nei suoi testi ha saccheggiato i colleghi italiani: Giulia Sissa, Salvatore Natoli e Guido Zingari. Per elencare i filosofi stranieri saccheggiati servirebbe invece un’articolessa a parte. Ma non si tratta solo di copyright. Quando andò a concorso (1999), per il ruolo di professore ordinario, all’università di Venezia, tra le pubblicazioni presentate spicca: «Invito al pensiero di Heidegger, Mursia, Milano, 1986». È il testo in cui sono stati ampiamente saccheggiati (per ammissione dello stesso Galimberti) brani di un libro di Guido Zingari: Heidegger. I sentieri dell’essere (Studium, 1983). E c’è anche «Gli equivoci dell’anima, Feltrinelli, Milano, 1987».

È il testo in cui, come scoperto da Avvenire, galleggiavano brani di due articoli di Salvatore Natoli. Vi chiedete se il rettore di Ca’Foscari lo sa? Sì glielo abbiamo detto noi del Giornale nel 2008. Ma mica siamo tedeschi.

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