Al Qaida ci prova anche alle Maldive, dove gli italiani sono di casa con 150mila turisti all’anno. Un video che inneggia alla guerra santa, girato nel paradiso delle vacanze, è apparso sui soliti siti legati al terrorismo islamico. «I vostri fratelli delle Maldive vi stanno chiamando» è il titolo in sovrimpressione. La novità è che si tratta del primo video realizzato con l’intento di reclutare adepti e ottenere finanziamenti per la guerra santa fra gli atolli più rilassanti del mondo.
Per il momento gli jihadisti hanno reso pubblico solo un promo del video che dura un minuto e 49 secondi. Nella prima immagine si vedono degli estremisti islamici mascherati o con dei buffi caschi rossi da motociclista, seduti sulla sabbia candida di una spiaggia delle Maldive. Poi seguono sequenze più toste, con una sessantina di fondamentalisti armati di lance e spade, che fronteggiano l’irruzione dei corpi speciali della polizia e dell’esercito nella moschea di Dhar i Khuiri. Stiamo parlando di un noto covo wahabita, la setta integralista islamica che esercita una grande influenza su Al Qaida.
Il 29 settembre i terroristi avevano colpito a Malè (guarda il video dell'attentato), la capitale dell’arcipelago facendo scoppiare una bomba all’ingresso di Sultan Park, un’area frequentata dai turisti. Dodici stranieri, soprattutto cinesi, rimasero feriti nel primo attentato di Al Qaida nel paradiso delle vacanze. Il 6 ottobre le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella moschea di Dhar i Khuiri a Himandhoo, nell’atollo di Alif Alif, uno dei quasi 2.000 isolotti dell’arcipelago. Non è stata una passeggiata, perché i fondamentalisti hanno cercato di resistere. In questo frangente è stato girato il video che ora viene utilizzato come propaganda su internet.
Nick Grace, esperto dell’antiterrorismo in Asia, è convinto che serva ad annunciare «la fondazione di una cellula di Al Qaida nelle Maldive». Nei prossimi giorni i talebani della rete renderanno pubblico l’intero filmato che inneggia alla guerra santa. L’irruzione nella moschea di Dhar i Khuiri era servita ad arrestare alcuni sospetti. In tre sono stati formalmente incriminati ieri per l’attentato di fine settembre. Si tratta di Ahmed Naseer e Moosa Inas, accusati di aver pianificato l’attacco e incastrati da una telecamera all’ingresso di Sultan Park dove è scoppiato l’ordigno. Mohammed Sobah, invece, li avrebbe aiutati a confezionare la bomba. Altre 13 persone coinvolte nell’attentato sono state individuate, ma diversi ricercati sono fuggiti in Pakistan. Nelle aree tribali a ridosso del confine afghano si erano avvicinati al Jihad studiando nelle madrasse, le scuole coraniche. Il fondamentalismo ha preso piede alle Maldive fra la gente più povera, come i pescatori, che vivono con un dollaro al giorno. Gran parte dei maldiviani non godono dei 540 miliardi di dollari l’anno del turismo. Invece è la principale risorsa del regime del presidente Maumoon Abdul Gayoom, al potere da trent’anni. Una specie di padre-padrone dell’arcipelago, amico di Saddam Hussein.
I turisti sono solitamente all’oscuro dei pericoli alle Maldive. Secondo il sito «viaggiare sicuri» del ministero degli Esteri è «consigliabile mantenere un’elevata soglia di attenzione per un possibile rischio di atti di natura terroristica ai danni di istituzioni locali o di strutture identificabili come occidentali».
I finanziamenti sauditi del dopo tsunami sono serviti soprattutto a riattizzare il fondamentalismo. Sulle spiagge da sogno si vedono girare donne in burqa, e gli integralisti chiedono l’applicazione integrale della sharià. Lo scorso anno l’intelligence aveva segnalato che alcune isole delle Maldive servivano per i trasferimenti via mare degli jihadisti dall’Asia alla Somalia ancora in mano alle corti islamiche.
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