Al Qaida tenta l’effetto Zapatero e fa pressing sul governo italiano

Gian Marco Chiocci

da Roma

Sulla scia della strage di Nassirya gli apparati di sicurezza iracheni s’erano affrettati a segnalare un pericolosissimo link fra elementi della guerriglia irachena e alcuni antimperialisti nostrani legati a pseudo pacifisti di origine mediorientale. Oltre alle comuni finalità ideologiche (in chiave antiamericana e antisionista) il collegamento sarebbe stato improntato a condizionare il più possibile le scelte di politica internazionale del governo italiano. E il ricorso a iniziative eclatanti, sul modello vincente del cosiddetto «effetto Zapatero» col ricambio del governo Aznar all’indomani delle bombe nelle stazioni di Madrid, sarebbe stato al centro di alcune conversazioni intercettate dalla polizia locale.
«Effetto Zapatero» bis.
Dai colleghi 007 di Kabul l’intelligence italiana non avrebbe recepito analoghe informazioni eppure gli analisti di Forte Braschi si dicono convinti che l’escalation di attentati contro i nostri soldati in Medio Oriente sia un esplicito pressing sul nuovo governo affinché ritiri i contingenti militari dai teatri di guerra. Non si ritiene, infatti, frutto di una casualità ciò che è accaduto ieri in Afghanistan e il 26 aprile in Irak. La mano è la stessa, idem la tecnica usata per uccidere e l’obiettivo colpito. L’ordine di attaccare «solo gli italiani» indirizzato alle cellule di Al Qaida in Irak potrebbe esser stato replicato in Afghanistan - osserva il Sismi - a seguito della Santa Alleanza sancita solo tre giorni addietro fra le cellule del network terroristico di Bin Laden e le milizie talebane di Gulbuddin Hekmatyar.
«Così ci possono attaccare»
Una segnalazione al giorno, se non due. Indicazioni precise. Il flusso informativo fornito dalle «antenne» del Sismi disseminate fra Herat, Kabul, la provincia di Helmand, è impressionante. Si parla ripetutamente di progetti di attentati, e dello stato di avanzamento degli stessi specie nella zona dove poi è stato preso di mira l’autoblindo «Puma» dell’esercito italiano. Fra i percorsi a rischio era stata inserita anche la strada dove l’automezzo italiano è poi saltato per aria anche se, va detto, l’allarme non era rivolto esclusivamente ai nostri soldati, ma anche ai militari norvegesi e croati che ogni giorno, con gli italiani, pattugliano quell’area.
Leggendo i carteggi si scopre che i progetti di attentati da effettuarsi con modalità sempre diverse (camion bomba, singoli kamikaze, mine telecomandate utilizzate nella guerra contro i russi, bombe «Ied» che hanno ucciso i carabinieri a Nassirya) puntano fra Oruzgan e Kandahar oltreché nell’area a sud est di Kabul, e nella stessa capitale, a opera di tre distinti gruppi terroristici «misti» riconducibili al signore della guerra Hekmatyar, ai taliban fedeli all’imprendibile mullah Omar, ai fedelissimi di Osama coordinati da alcuni emissari inviati in Afghanistan dall’astro nascente Abdallah ben Rached al-Baghdadi. Altre indicazioni hanno condotto l’intelligence italiana a evidenziare possibili «azioni offensive» di «natura imprecisata» in occasione del ricambio ai vertice del comando dell’Isaf (la forza Nato in Afghanistan) avvenuto in questi giorni col passaggio di testimone fra gli italiani e gli inglesi.
Militari terroristi
Seguono poi una serie di note girate alle agenzie di intelligence alleate, corredate da supplementi informativi anche fotografici, concernenti numerosi casi di «infiltrazione» negli organi di polizia e di intelligence a opera di soggetti organici a formazioni integraliste. Da qui la difficoltà del Sismi di reperire informazioni utili (e sicure) dai Servizi afghani e della polizia locale «nelle cui file si anniderebbero personaggi considerati ancora nell’orbita di Hekmatyar», l’ex premier diventato terrorista.
La «santabarbara» comune
Anche il rocambolesco arresto di un notissimo capo militare dei talebani, nella zona impervia di Musay, era stato messo fra le possibili cause di un’eventuale azione ritorsiva «da inquadrare nell’orbita di una più estesa offensiva di primavera» concordata da esponenti di varie tribù.

Passaggi di carichi d’armi e materiali esplosivi (in prevalenza le micidiali bombe Ied) sono stati, infine, segnalati al confine con il Pakistan e quindi nell’area di Grishk provenienti dalla stessa santabarbara internazionale dove anche Abu Moussab al Zarqawi è solito fare la spesa.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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