Quando c’era la Terza, allora sì che era un sogno

Oggi quelle pagine si sono «colorate» ma hanno perso stile e credibilità

Ho fatto un sogno di recente, ambientato chissà perché nel 1922. Tempi bui, scontri di piazza ogni due per tre. La fragile democrazia post bellica in gramaglie. Mussolini in zona colpo di Stato. Eppure quando tutto sembrava volgere al peggio, il miracolo. Il buon Badoglio che frena le camicie nere sulle soglie del Quirinale, dopo che il piccolo re Vittorio ha decretato lo stato d’assedio.
Finalmente la barcollante italietta data per stramorta risorge. Il vecchio navigatore Giolitti torna premier e don Sturzo si fa più accomodante. I partiti rifioriscono. Idem i grandi giornali. Albertini è più saldo che mai in via Solferino, Frassati a La Stampa, Bergamini al Giornale d’Italia. Evviva la libertà d’opinione. Lo scampato pericolo consente alle gazzette di parlare fuori dai denti, il dibattito pubblico è acceso, insieme intelligentemente equilibrato. Anche la Terza conosce la sua migliore stagione. Immacolata politicamente, persegue senza timori e false soggezioni, la sua funzione più nobile: educare gli italiani al buon gusto e al piacere della lettura. Ogni testata si avvale di firme ben sperimentate. Di giornalisti scrittori viaggiatori che illustrano, con appena un’ombra di sussiego provinciale, mondi lontanissimi e meravigliosi. Persino il fegatoso Appelius, inviato di punta del giornale del grande sconfitto ha finalmente addolcito la sua verve, trasformandosi in un delicato paesaggista di Medi e lontani Orienti. Ma è soprattutto al Corsera che si vola alto. I lettori ne sono entusiasti. Ogni libro degno di nota è a tempo debito e con la calma necessaria segnalato, criticato e lodato, con tutto il garbo e la sapienza dovuta ad ogni opera d’ingegno. Se poi si tratta di una novità particolarmente pregiata si ricorre all’esperto della materia, che in due colonnine, dette elzeviro, dirà la sua con stile amabile e opportuna acribia. Lo stesso avviene per ogni altra opera della cosiddetta creativa, dall’arte all’architettura, dalla filosofia alla storiografia. Un vero babà per ogni lettore intelligente che così potrà orientare meglio le sue scelte nel marasma della produzione corrente, ma anche un ottimo servizio per i più sofisticati addetti ai lavori. Attraverso la Terza i vari espertoni possono conoscere puntualmente e autorevolmente l’andamento, buono o cattivo a seconda dei casi, del loro settore di interesse.
Tutti contenti? Forse no. Si sa che le malelingue non mancano mai. Eppure in quel sogno si faceva persino capire che, a suo modo, quel mondo una gerarchia di valori l’avesse realizzata. Quella stessa gerarchia che invece oggi segnatamente latita. Si trattava però di un sogno. Allegro perché metteva fuori gioco un bruttissimo Ventennio, realista perché favoleggiava di un momento in cui libri, letteratura, buona informazione, avevano, magari faticosamente e molto parzialmente, trovato un loro contenitore naturale, la mitica Terza appunto. Ora, in epoca di dilagante «attualità culturale» molte cose sono cambiate.

Le pagine del settore sono aumentate, si sono colorate, sono zeppe di trovate e di ingegnosità. Ma sono però carenti di stile. Di stile e di credibilità, monete, ai quei tempi, piuttosto correnti.
*docente di Storia del giornalismo (IULM di Milano e Università di Palermo)

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