Quando la coppa Intercontinentale era davvero leggenda

C’è aria di Juventus-Inter anche quando il pallone riposa. La sfida è sullo sfondo, come un presagio della ripresa del campionato, come un modo per non rimanere a digiuno di pallone nelle feste di Natale. Juventus-Inter non si gioca, ma c’è. C’è perché il successo dell’Inter nel Mondiale per club alimenta rivalità. Quanto vale davvero questo successo? Quanto contava la vecchia Intercontinentale? L’amarcord s’accende domenica sera alle 21 su Mediaset Extra - il nuovo canale tematico gratuito diretto da Massimo Donelli, dedicato al meglio del meglio dei programmi di intrattenimento di ieri e di oggi delle reti Mediaset. Tutti gli appassionati di calcio potranno rivivere le emozioni di una partita entrata a far parte della storia del calcio internazionale: la Finale della Coppa Intercontinentale 1985, Juventus-Argentinos Juniors. Venticinque anni fa e forse la partita migliore della storia del torneo. Forse, perché ognuno ha la sua e ognuno s’inebria dei ricordi del proprio successo. Perché ai milanisti risulterà indimenticabile la sfida del 1989 vinta contro l’Atletico Nacional Medellin, agli interisti questa contro il Mazembe.
Quella del 1985, però, fu comunque e davvero una partita storica. Dopo sette anni di dominio delle squadre vincitrici della Coppa Libertadores, alla vittoria del più prestigioso trofeo internazionale tornò la squadra vincitrice della Coppa dei Campioni. La Juventus era questa: Tacconi, Bavero, Cabrini, Brio, Scirea; Bonini, Manfredonia, Mauro, Laudrup, Platini, Serena.
Di fronte c’era Claudio Borghi che poi sarebbe arrivato in Italia. C’era soprattutto un mondo da scoprire. C’era un calcio, quello sudamericano, che conoscevamo soltanto in quella partita: arrivava la miglior squadra del continente e noi scoprivamo i campioni che sarebbero diventati l’oggetto del desiderio dei club europei. C’era la diretta al mattino: i ragazzini pregavano i genitori di non mandarli a scuola il giorno dell’Intercontinentale. C’erano anche le trombette dello stadio di Tokio. Come le vuvuzelas del mondiale sudafricano, ma meno fastidiose. C’erano i gol. Quelli fatti e quelli annullati, come quello di Michel Platini con l’Argentinos Juniors: sombrero a un avversario in area e tiro al volo di sinistro.

Una delle cose più belle mai viste su un campo di calcio, seconda però alla reazione di Le Roi: steso per terra con la testa retta da un braccio, come un imperatore annoiato. Un’immagine che non passa. Un’immagine che vale la pena di rivedere ancora.

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