Quando Europa e Stati Uniti battono strade diverse

D’accordo, a Wall Street non è piaciuto. Ma il piano di sgravi annunciato da George Bush segnala la volontà dell’America di tenersi lontana dalle secche della recessione. Usando ogni mezzo. Alla stampella politica, infatti, gli Usa affiancano il tutore della politica monetaria. La Fed ha tagliato, e taglierà ancora, i tassi. Un mutuo soccorso, insomma, che indica unità d’intenti. Una replica del modello adottato nel 2001, che servì a evitare una fortissima crisi.
L’Europa, invece, sembra costretta a gestire una situazione schizofrenica, in cui le richieste di governi e imprese a favore di un costo del denaro più basso per favorire la crescita, cozzano contro l’imperturbabile replica della Bce, secondo cui la lotta all’inflazione è una priorità inattaccabile. L’autonomia della Bce è fuori discussione; al tempo stesso, è insindacabile il suo ruolo di guardiano contro gli eccessi della spesa pubblica. Tuttavia, se è vero che la stabilità dei prezzi è l’unica missione dell’Eurotower, creata a immagine e somiglianza della Bundesbank (nel cui dna, dunque, c’è tutto il terrore per i disastri inflazionistici della Repubblica di Weimar), è altrettanto vero che l’inseguimento di questa «stella polare» rischia di portare Jean-Claude Trichet fuori rotta. L’inflazione core (al netto di alimentari ed energia) è sotto al 2%, un livello tutto sommato contenuto.

Lo stesso Trichet, la scorsa settimana, invitava l’Europa a non legare gli aumenti salariali agli attuali picchi d’inflazione, perché temporanei. Ma allora, perché ribadire una volta di più che la Bce è pronta ad alzare i tassi, quando il rallentamento della crescita consiglierebbe di non guardar troppo i cartellini dei prezzi?

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