Quando i magistrati provano a mettere le mani nelle urne

Lasciamo perdere la solita formula della «giustizia a orologeria». E non perché non esista - esiste, esiste… - ma perché, come tutti gli argomenti polemici, anche i più legittimamente polemici, perfino questa contestazione, se troppo usata, finisce per perdere efficacia. E allora stiamo ai fatti: ieri il fascicolo milanese del Corriere della Sera dava per l’ennesima volta, con grande risalto e in prima pagina, notizia di un’inchiesta della Procura, stavolta «per turbativa d’asta e corruzione», sparando con grande risalto e già nei titoli i nomi degli «indagati». Si badi bene, indagati; non incriminati, non imputati; gente che dopodomani potrebbe risultare completamente estranea, come troppe volte è già successo.

Ma intanto quei nomi sono stati «sbattuti in prima pagina», come si faceva con i «mostri» nella cronaca nera di qualche tempo fa. Ed è la terza inchiesta che in queste settimane coinvolge solo esponenti del Pdl, dopo quelle sulle firme false del «listino Formigoni» e sui manifesti «Via le Br dalle Procure».

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