Quando l’obbiettivo cambia la Storia

«Non è vero ma ci credo» recita il titolo di una della commedie più applaudite di Peppino De Filippo. Paolo Pillitteri, già sindaco di Milano e cinefilo appassionato, si è ispirato allo spirito della celebre commedia napoletana per scrivere un libro dedicato alla seduzione delle immagini sul nostro cervello.
Dalla foto dell'espugnazione di Porta Pia (riportata su tutti i libri di testo benché sia una messa in posa scattata il giorno dopo) ai filmati «addomesticati» di Lenin e Stalin, per non parlare della propaganda cinematografica del Ventennio Fascista: la storia ci insegna che spesso dietro uno scatto o un video d'impatto si nasconde un'altra verità, a volte la totale finzione. Del saggio di Pillitteri «Non è vero ma ci credo. Immagini, simulacri, inganni» (Spirali editore) hanno discusso ieri al Circolo della Stampa il direttore del Giornale Vittorio Feltri, il presidente Mediaset Fedele Confalonieri, il fotografo Bob Krieger e il consigliere Rai Antonio Verro.
«L'immagine è sempre manipolazione della realtà perché c'è sempre qualcuno che sta dietro l'obbiettivo o la telecamera», argomenta Pillitteri prima di soffermarsi sui rapporti tra cinema e politica. «C'è stato un tempo in cui il cinema italiano sapeva leggere la realtà: lo ha fatto il Neorealismo con il Dopoguerra e lo ha fatto la commedia all'italiana con il periodo della ricostruzione. Oggi, nelle fiction e nei film, c'è spazio solo per letture ideologizzate della realtà, come il Divo di Paolo Sorrentino, ma anche a fiction come quella su Enrico Mattei in cui vengono taciuti aspetti importanti del personaggio». Non c'è dunque più spazio per il vero, ma solo per il verisimile? Se per Fedele Confalonieri oggi è molto più difficile che la tv manipoli le immagini perché la pluralità di offerta garantisce la qualità delle informazioni, c'è chi come Bob Krieger, mago dei ritratti con l'obbiettivo, è un fiero alfiere del ritocco «se garbato». «Taroccare, abbellire e modificare una foto, rimanendo nei limiti del lecito, non rappresenta nulla di male ma è una sfida per la nostra professione: ci rende dei veri artisti», spiega. Inutile girarci intorno: anche le notizie subiscono il fascino del ritocco. Ne è convinto Vittorio Feltri che ieri, dopo un'incursione polemica del «solito» Piero Ricca a margine del dibattito, ha spiegato che «una balla talvolta è una forzatura della realtà che diventa più credibile della realtà stessa».

Esempi celebri non mancano anche tra maestri del giornalismo come Indro Montanelli, che amava «colorare» cronache o reportage, convinto che la verosimiglianza in punta di penna fosse talvolta più importante (e utile) della verità.

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