Quando si finisce davanti al giudice

Costa tanto, a volte tantissimo. Ma spesso rappresenta l'unica via per uscire da un rapporto logoro e cominciare una nuova vita. Ogni anno sono più di 80mila le persone che in Italia ricorrono alla separazione, oltre 50mila quelle che arrivano alla conseguenza estrema: il divorzio. E la spesa è alta, non soltanto in termini emotivi e psicologici, ma anche economici. Secondo una stima basata sul tariffario minimo degli avvocati, per una separazione consensuale - ovvero nella quale i coniugi sono in perfetto accordo - ci possono volere dagli 800 ai 3.500 euro. L'oscillazione dipende dal numero di udienze necessarie per chiudere il contenzioso. Decisamente più onerosa è la separazione giudiziale, per la quale normalmente sono necessarie quattro o cinque udienze in tribunale. In questo caso si va da un minimo di mille euro a un massimo di 10mila euro. Il «conto» comprende la parcella dell'avvocato e le spese generali relative a onorari e diritti. E tiene conto anche del grado di giudizio, perché le cause davanti alla Corte d'Appello e alla Cassazione costano più di quelle davanti al Tribunale di primo grado. Chi però ha un reddito molto basso, di 9.723 euro l'anno imponibili, può richiedere e ottenere il patrocinio a spese dello Stato. Se si parla di divorzio, invece, la spesa prevista cresce ancora. Per rompere in modo definitivo il vincolo matrimoniale possono essere necessari fino a 15mila euro. Anche in questo caso le variabili sono tante, e il costo dipende anche dall'avvocato che si sceglie.

Ma la spesa lievita comunque per via della divisione dei beni e della presenza di eventuali assegni di alimento o mantenimento. Negli ultimi anni si è comunque diffusa una nuova figura: quella del mediatore familiare. A un costo che oscilla fra 600 e mille euro, l'esperto propone soluzioni in via non contenziosa per evitare il tribunale.

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