"Io violentata a Roma da uno sconosciuto"

Dopo il caso senza precedenti avvenuto a Colonia, in Germania nella notte di San Silvestro, ecco il racconto di Giovanna, vittima due anni fa di violenza sessuale da parte di uno sconosciuto

"Io violentata a Roma da uno sconosciuto"

“Non è difficile per me comprendere il terrore, la rabbia e il senso d'impotenza di quelle donne stuprate in massa a Colonia” . A parlare è Giovanna, (nome di fantasia) trentenne romana. Al momento della violenza, due anni fa ne aveva ventotto. L’abbiamo contattata attraverso un associazione a difesa delle donne e vittime di violenza e stupri, presente nella Capitale.

“Esattamente come le ragazze di Colonia ero insieme alle mie amiche e alcune colleghe di lavoro. Eravamo uscite da una discoteca del centro, allegre ma certo non ubriache. Non so perché sto qui a specificare, forse perché in Italia, e non solo, si fa presto a dire che una donna venga stuprata, violentata perché se le è andata a cercare. Quella sera avevo preso io la macchina e al ritorno avevo fatto il giro per accompagnare tutte a casa. Abito in una zona periferica di Roma, non è il massimo come quartiere, ma neanche il peggiore. Erano le 2 del mattino, non c’era nessuno in giro. Avevo appena chiuso la portiera della macchina a chiave, quando ho sentito qualcuno arrivarmi dietro, alle spalle, era un uomo sulla quarantina. Mi chiede una sigaretta, avvertivo pericolo ma non ci ho badato troppo, il tempo di mettere le mani in borsa e mi sono ritrovata, con lui addosso”.

La voce di Giovanna, trema nel vivo del suo racconto, si può capire cosa abbia provato in quei momenti, precedenti alla violenza, ma non si può certo immaginare cosa avvenga dopo a livello fisico e mentale in una persona vittima di stupro.

“Mi ha intimato di non gridare altrimenti mi avrebbe sfigurato con il coltello che aveva in mano. Ho tentato di divincolarmi perchè convinta che non lo avesse davvero. Fino a quando, sadico, me lo ha passato sul viso. Mi ha fatto slacciare i jeans e con una violenza disumana mi ha stuprato, lì in un parcheggio a pochi metri da casa mia. Piangevo soffocata dai miei singhiozzi, dalla vergogna. Ero sola senza nessuno che potesse aiutarmi. Non sapevo come liberarmi da lui, ero talmente spaventata che ora capisco perché tante di quelle donne che subiscono un abuso, tengono per sé quel poco di forza rimasta per fuggire e trovarsi una via di fuga”.

Ed è esattamente così, molte donne come ci rileva l’operatrice dell’associazione, dopo aver subito violenza hanno paura di raccontarlo. Temono di essere giudicate. Si vergognano di far parte di quelle donne che pur avendo subito uno stupro non hanno fatto poi abbastanza per impedirlo. Un senso di colpa arcaico che sembra inseguire le donne da secoli che si sentono illogicamente complici e non vittime.

“Era terribile, sentivo il suo fiato puzzolente e affannato su di me. Provavo conati di vomito, ma dicevo a me stessa di resistere. La paura era diventata spirito di sopravvivenza. Poi, finalmente il porco aveva finito di saziare il suo appetito sessuale. Ero pronta a scattar via, ma ancora non aveva finito con me. Mi gira, ha un cappello di lana, era il periodo di febbraio e degli occhiali scuri. Assurdi nelle notte, ma ottimi per celare la sua identità. Mi ha minacciato dicendo che se avessi sporto denuncia mi avrebbe reso la vita impossibile. Sapeva dove abitavo. Con un ghigno che non scorderò mai, se ne va. Io comincio a correre, così con i jeans calati, aperti, non riuscivo neanche ad urlare a chiedere aiuto. Ma tanto non c’era nessuno. Non so nemmeno come sono riuscita ad arrivare a casa mia. Ero in completo stato di choc” .

Uno choc che le ha impedito per molto tempo di parlarne con chiunque. Dopo una notte passata insonne, fra rabbia, paura e vergogna, Giovanna chiude in se questo raccapricciante evento. Fino a quando la sorella e la migliore amica notando che le sue abitudini e il suo carattere, da un momento all’altro avevano avuto un drastico mutamento. Come il suo peso. Da tempo aveva perso anche l’appetito. Giovanna era una ragazza solare, divertente con la voglia dei suoi anni di divertirsi. Non usciva più, se non per andare a lavorare. Quando finalmente ha deciso di sfogarsi con loro, ha spiegato il motivo del suo silenzio. Giovanna è sempre stata molto corteggiata. Un corpo, il suo, che non passa inosservato provocante senza far nulla. Sentiva il peso della vergogna quasi che la sua bellezza fosse stato un motivo per la sua aggressione. Inoltre il fatto di non essersi saputa difendere era un altro motivo di dolore.

“Ero diventata un’altra persona. La vecchia Giovanna non esisteva più. Ero come una pianta morta. Iniziai a soffrire di attacchi di panico, ad aver paura di qualunque uomo mi avvicinasse tanto che i colleghi al lavoro mi prendevano per matta. Avevo deciso di buttarmi tutto alle spalle, ma a quanto pare non era possibile. Gli attacchi di panico ne erano la conferma. Mi confidai quindi con mia sorella e la mia migliore amica. Sono state loro a portarmi all’associazione. Grazie all’aiuto delle operatrici e della psicologa sono riuscita a venirne fuori”.

E superare una violenza sessuale non è una questione da poco. Per ogni donna si tratta di accettare ciò che è accaduto eliminando il senso di colpa che le attanaglia. Pur essendo vittime pensano di essersi meritate quella violenza. E, come rivela ancora Giovanna, è perdonarsi il compito più difficile. “Nei miei incontri avvenuti presso l’associazione a difesa delle donne, ho imparato ad avvicinarmi anche al dolore delle altre, in quello ho riconosciuto il mio. Da lì ho iniziato a perdonarmi e a trovare la voglia veramente di guardare avanti”.

Faccio accenno agli ultimi avvenimenti accaduti a Colonia, allo stupro di massa avvenuto per mano di immigrati. Le chiedo cosa pensa al riguardo e la sua risposta è netta, decisa: “ Quello che è accaduto è orribile. Sembra di essere tornati ai tempi dei barbari quando saccheggiavano e stupravano le donne dei villaggi da conquistare. Una vera e propria minaccia. Mi infurio quando leggo di stupri, di violenze e abusi sulle donne.

Comprendo perfettamente cosa subiscono prima e dopo. Nessuna donna dovrebbe mai trovarsi con la faccia girata dall'altra parte, una mano sulla bocca per zittirle, un ginocchio tra le gambe schiacciate tra vergogna, terrore e senso di colpa. Nessuna”.

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