Più che «ex Stalingrado», pareva il Bengodi. Sesto San Giovanni, ultima frontiera per gli affari del mattone. Aree industriali da riqualificare, centinaia di migliaia di metri quadri di terreni su cui costruire. Un business multimilionario che faceva gola agli immobiliaristi. Dallex Falck alla Ercole Marelli, una miniera doro per i costruttori. E per la politica.
Perché, secondo la Procura di Monza, per lavorare in quelle aree sarebbero state versate tangenti a nove zeri. Sotto forma di mazzette, ma anche di compravendite immobiliari e prestazione di servizi tuttaltro che limpide. Anzi, scrive il gip Anna Magelli nellordinanza con cui ha accolto la richiesta darresto per lex assessore Pasqualino Di Leva e larchitetto Marco Magni (respingendo invece quelle per Filippo Penati e il suo ex braccio destro Giordano Vimercati), attraverso «operazioni che presentavano allevidenza macroscopiche anomalie», «portate a termine al solo scopo di costituire provviste per il pagamento di tangenti a favore di politici di Sesto San Giovanni». Un intero capitolo dellordinanza è dedicato a due personaggi già finiti in uninchiesta milanese. Giuseppe Grossi - il re delle bonifiche - e Luigi Zunino, allepoca numero uno della Risanamento. Un vortice di società - tra le tante Plurifinance srl, Alfa Alfa srl, Sirio Spa, Cascina Rubina srl, Sesto Sviluppo srl - che concludono affari ed emettono fatture fittizie. Tra queste ci sono anche le società di Piero Di Caterina.
Il motivo della presenza di Di Caterina in questa palude di interessi incrociati, lo spiega lavvocato Giovanni Camozzi, uno dei protagonisti di quelle operazioni. Camozzi, sentito a verbale il 25 gennaio del 2010 - ricostruisce i rapporti tra lImmobiliare Cascina Rubina (di Zunino) e la Caronte di Di Caterina, che fra il 2006 e il 2008 aveva emesso fatture con la causale «marketing territoriale per la promozione della riconversione delle aree Falck di Sesto San Giovanni». «Ricordo - spiega lavvocato - che Zunino mi ordinò di stipulare un contratto con la società di Di Caterina. Zunino mi disse che per accrescere limmagine del gruppo Risanamento era necessario anche un appoggio politico che Di Caterina, uomo legato allallora presidente della provincia di Milano Filippo Penati, poteva dare. Dopo aver pagato la prima fattura che se non ricordo male ammontava a 750mila euro più Iva, non ho pagato le altre perché mi sono reso conto che la società di Di Caterina di fatto non svolgeva alcuna attività». Lo stesso Di Caterina ricorda come «Zunino e Grossi avevano lesigenza di acquistare aree marginali e proprietà immobiliari adiacenti alle aree ex Falck. La necessità di contattare i due imprenditori mi fu rappresentata dallassessore Di Leva che mi fece capire in maniera esplicita che lunico modo per essere introdotto nellaffare dello sviluppo immobiliare era quello di allacciare rapporti con loro». Cosa accade? Che «Di Leva mi disse che aveva necessità di 1,5 milioni di euro per fare fronte alle difficoltà finanziarie della Pro Sesto e di due giornali locali. Mi disse di andare a dire ai miei amici Grossi e Camozzi di questa necessità».
Ma loperazione Marelli-Falck faceva gola anche alle coop rosse, con un occhio a Roma.
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