Il mestiere più vecchio del mondo continua a far parlare di sé. A quasi cinquantanni dalla legge Merlin, sono in molti a desiderarne una revisione. Da Milano la scorsa settimana è partita la proposta del sindaco Letizia Moratti per una legge che vieti la prostituzione nelle strade. A Roma, il prefetto Achille Serra si è detto daccordo. Ma in più Serra ha rilanciato lidea di costruire zone dedicate alla prostituzione, più facili da controllare per le forze dellordine dove le donne, riunite in cooperative, pagherebbero laffitto e sarebbero libere di esercitare.
Il modello è lOlanda, dove nei quartieri a luci rosse le donne stanno in vetrina, come manichini, pronte a offrire rapporti a partire da cinquanta euro. Una realtà che fino ad ora sembrava impensabile in Italia. Una realtà che presto potrebbe diventare realtà a Milano e nelle altre città italiane? Per Riccardo De Corato la risposta è no. «È impossibile - sostiene - perché in Italia abbiamo una tradizione diversa, siamo cattolici».
Secondo il vicesindaco sarebbero i cittadini i primi a non accettare una simile situazione: «Succederebbe il finimondo. Non si troverebbe mai un accordo sulla zona dove insediare le zone rosse». Lassessore alle Attività produttive Tiziana Maiolo (Forza Italia) unidea però, ce lavrebbe: «Si potrebbe utilizzare la zona di Chiaravalle o unarea nei pressi di Linate». Limportante, assicura, «è trovare una zona fuori dallabitato, possibilmente verde». Lei condivide pienamente il suggerimento del prefetto romano, da tempo suggerisce di creare un quartiere a luci rosse in città: «Da parlamentare, nel 1999 feci una proposta di legge che andava proprio in questa direzione - ricorda Maiolo -. Le prostitute devono essere considerate delle professioniste, libere di esercitare». E a chi laccusa di voler tornare indietro, alla situazione pre-legge Merlin risponde: «Io sono contraria alle case chiuse statali di un tempo, le ragazze dovrebbero organizzarsi in cooperative, pagare i contributi e a fine carriera ricevere una pensione».
Proprio come Francesca Nossisia, la prostituta milanese che da febbraio rilascia una ricevuta con tanto di marca da bollo ai suoi clienti. «Molto intelligente», lha definita lassessore alla Cultura Vittorio Sgarbi. Che, subito, ha colto la palla al balzo per lanciare una provocazione: «Non pensiamo a un ghetto della prostituzione, ma piuttosto a un quartiere speciale, animato dalle prostitute, pieno di locali e caffè».
Unidea che, invece, fa arrabbiare Don Oreste Benzi, fondatore e presidente dellassociazione Comunità Papa Giovanni XXIII, da anni impegnato nella lotta contro la tratta delle donne. «È pericoloso - sostiene - arrestarsi sul concetto di donna come merce e strumento per soddisfare gli istinti sessuali degli uomini, a pagamento. La prostituzione va punita perché costituisce degrado sociale». Lui, che di prostitute ne ha aiutate tante, è convinto che la ricetta da seguire sia una sola: «Il modello da seguire è Rimini - spiega don Benzi -: lì, quando una ragazza viene portata in questura non torna più sulla strada perché viene immediatamente accolta nella nostra comunità e aiutata a trovare unalternativa». Sulla stessa linea è Suor Claudia Biondi, coordinatrice del settore Aree di bisogno della Caritas a Milano.
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