Quattro condanne per la rivolta al Cie di via Corelli

Cosa accadde davvero il 7 novembre scorso, all’interno del Cie di via Corelli, il Centro di identificazione ed espulsione per gli immigrati irregolari? Sulla dinamica degli scontri tra clandestini e polizia, terminati con l’arresto di quattro nordafricani, nel processo che si è concluso ieri davanti al tribunale di Milano erano state fornite versioni contrastanti, e per alcuni aspetti opposte. I poliziotti avevano sostenuto di essere stati aggrediti dagli ospiti del Cie. Gli imputati avevano raccontato che era stata la polizia a reprimere con violenza una protesta assolutamente pacifica. Il giudice Antonella Bertoja, che alle tre di ieri pomeriggio pronuncia la sentenza, non ha dubbi: la testimonianza degli agenti di Ps viene ritenuta credibile, e i quattro immigrati vengono tutti condannati per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Pene non troppo severe, tra i sei mesi e l’anno di carcere. Uno degli arrestati - essendogli stata concessa la sospensione condizionale della pena - viene subito liberato, per gli altri tre il magistrato si esprimerà nei prossimi giorni sulla concessione della libertà provvisoria in attesa del processo d’appello.
Ma il giudice non si è limitato a condannare i quattro imputati. Ha anche aperto la strada - trasmettendo gli atti alla Procura della Repubblica - alla loro incriminazione per calunnia, per le false accuse ai poliziotti lanciate durante l’interrogatorio in aula. E di falsa testimonianza potrebbe venire chiamato a rispondere anche Antonio Vinci, funzionario della Croce Rossa, vicedirigente del centro di via Corelli. Vinci, interrogato nel corso del processo, aveva fornito una versione degli scontri del 7 novembre nettamente diversa da quella messa a verbale dagli agenti di polizia, ridimensionando parecchio le responsabilità degli imputati. Anche a suo carico la sentenza di ieri ha disposto l’invio degli atti alla Procura.
Alla lettura della sentenza Karim Zitouni, l’unico imputato immediatamente scarcerato, è scoppiato in lacrime: non per sollievo, ma per disperazione per la sorte di uno dei suoi compagni di detenzione, appena diciannovenne (ed apparentemente ancora più giovane della sua età) che invece è stato riportato in carcere.

Zitouni ha chiesto di poter scambiare la propria sorte con quella dell’amico, ma ovviamente non era possibile.
Per assistere al processo si sono presentati in tribunale una ventina di militanti dei centri sociali che hanno deposto nel corridoio davanti all’aula alcuni striscioni con slogan contro i «lager di Stato».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica